LO SCAFFALE INTERNAZIONALE
L’amore come arma: dentro a The Everlasting

L’amore come arma: dentro a The Everlasting

Dire che l’attesa per questo libro mi è sembrata durare secoli è riduttivo. Ho scoperto Alix E. Harrow per caso, nelle sue 30 pagine di The Six Deaths of The Saints, il cui concetto è stato rielaborato dall’autrice nel suo nuovo romanzo, decisa a fare giustizia alla sua cavaliera. Santa. Martire.

Harrow ha tolto l’aureola alla sua protagonista, spogliandola del giogo religioso, le ha donato un nome e ce ne ha resi partecipi. Ma non ha mantenuto la sua promessa, l’unico desiderio privato della donna. “They will never sing my name”, conclude il racconto. Invece, il suo nome sarà invocato dalle masse; sulla sua storia saranno piazzate le fondamenta di uno stato perennemente in guerra, il carminio della bandiera nazionale lo stesso del sangue versato per erigerla.

In uscita il 30 ottobre, edito Tor Publishing, The Everlasting è la storia di Una, l’eroina leggendaria di Dominion, e di Owen, costretto a narrarne la fine.

La trama di The Everlasting

She thought she would not mind being a knife, as long as it was this hand that wielded her.

The Everlasting, Alix E. Harrow

Owen è un accademico, uno storico che tende a rifugiarsi nel suo studio, evitando il pubblico, i rumori forti. Il trauma del servizio militare ha segnato la sua pelle e la sua mente. Ha scelto di arruolarsi ispirato da un poster propagandistico, su cui Sir Una Everlasting richiamava alla guerra le giovani braccia. Una guerra che stava fagocitando il popolo che avrebbe dovuto proteggere, una guerra senza fine, senza senso. Ispirato dalla leggenda che lo accompagna fin da quando era bambino, quasi sentendo la voce di Una che gli sussurra nelle orecchie, decide di fare la sua parte per Dominion. Decide di tuffarsi in quel mare di sangue.

Pownall, Gilbert Anthony; Alice Maud Mary Arcliffe (1852-1936), as Joan of Arc

Anni dopo, quando sulla sua scrivania vede apparire un misterioso plico, pensa a uno scherzo, pure di cattivo gusto. “The Death of Una Everlasting” lo chiama dall’involucro della carta del servizio postale, un libro che non dovrebbe esistere, per forza un falso storico, uno pseudobiblion. Owen non sa ancora che quel libro è solo un invito a fare davvero qualcosa per il proprio Stato. Non imbracciando un’arma, ma scrivendo. Sarà la penna di uno storico a poter salvare Dominion da secoli di violenze. Deve solo tornare indietro nel tempo, e fare in modo che Una diventi leggenda.

I secoli che separavano le loro vite si annullano, il tempo uno strumento relativo nelle mani di chi sa manipolarlo. Un amore che sfocia in adorazione sacrilega. Un martirio pagano. L’onnipresenza della morte.

The Most Excellent and Lamentable Tragedy of Una & Owen, narrata da Harrow

Alix E. Harrow ha uno stile particolarissimo. Come miele, ogni singola frase è densa e chiede di essere assaporata. A tratti sembra di essersi immersə in una ballata, un lirismo adatto all’ambientazione del romanzo. La musicalità del testo aspetta solo che Hozier lasci il suo bosco, per prendere la chitarra in mano e iniziare la narrazione. Ciò si contrappone alla velocità del ritmo di narrazione, una corsa – letteralmente – contro il tempo e contro la morte. Il risultato è che chi legge si trova sospesə sopra il vortice della storia, trascinatə in avanti quando ancora non si è pronti a lasciarsi alle spalle i pochi momenti di tenerezza struggente, di fioca speranza.

Dante Gabriel Rossetti, Joan of Arc

È lo stile perfetto per narrare una moderna interpretazione degli star-crossed lovers shakespeariani. Perché questo diventeranno Una e Owen, separati dai secoli, destinati a dimenticarsi, la necessità di distruggersi per un bene comune percepito come più importante, primario anche rispetto alla propria vita.  L’amore come sacrificio è un tema dominante della narrazione, presente in tutte le relazioni tra personaggi. La tragedia è nell’aria, eppure ogni volta che si manifesta è brutale nella sua realizzazione, costringendo lə lettorə a una pausa. Lo sforzo di girare la pagina, ancora, e ricominciare pur sapendo come andrà a finire, rendono l’esperienza di lettura un incredibile viaggio al fianco di Una e Owen

Oltre il trope, oltre la moda: l’emergere del cavaliere donna

He asked me to name a great woman of history. Just one. And then, in the silence, he kissed me on the forehead.

The Everlasting, Alix E. Harrow

Questo autunno è ormai ribattezzato come la stagione delle cavaliere, le lady-knight. La riappropriazione del ruolo dell’eroe, del cavaliere bianco, della spada sguainata nella giustizia, in The Everlasting supera però il trend, non può essere racchiusa in un trope.

Dopo una stagione (e più) di retelling mitologici dal punto di vista di personagge, o reimmaginazioni in chiavi femministe di un tempo antico, adesso è il turno del Medioevo. Delle tavolate dei cavalieri, delle grandi imprese, della ricerca del Graal e delle ultime cacce ai draghi, del momento in cui le donne hanno iniziato ad essere bruciate perché ritenute possedute, demoniache, streghe. L’unico modo per avvicinarsi a uno status simile a quello concesso dalla cotta di maglia e una monta era quello di essere proclamata santa. Dopo un martirio, chiaramente. Prima di esso, il confine tra santità e demoniaco era fin troppo labile.

Le cavaliere in queste storie non sono semplicemente delle eroine di un medieval fantasy, “non sono come tutte le altre, a me piacciono le spade”. No. È una nobilitazione, un ruolo da sempre negato alla donna, storicamente e culturalmente. Una riappropriazione di spazi e narrative che ancora doveva avvenire. Oltre le cotte di maglia-bikini dei video giochi, quello a cui stiamo assistendo è la creazione di una mitologia arturiana femminile.

Jean Jacques Scherrer, Joan of Arc Enters Orleans

Ma cosa è un cavaliere senza una sfida insormontabile, un duello mortale? Anche il nemico in The Everlasting si fa donna. Ed è un’antagonista così ben costruita che quando arriva il momento di svelare cosa ha fatto germogliare il seme della malvagità, non si può non considerarla un’antieroina. Perché se difficilmente si può essere Una, una leggenda vivente, tutte sono state dall’altro lato: vittime della cultura patriarcale

Qui mi taccio, per evitare spoiler. Buona lettura. 

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