
Un piccolo odio. Tra guerra, magia, rivolte e progresso
Amatissimo dallə suoə lettorə in tutto il mondo, torna in Italia il Lord del Grimdark, Joe Abercrombie, con la ristampa di Un piccolo odio. In questo primo volume della trilogia L’Età della Follia, sequel della precedente La Prima Legge, ci si fa largo in un mondo che è diviso tra lo scoppio di guerre e rivoluzioni industriali, intrighi politici e malcontenti popolari.
Quali sono gli elementi chiave che caratterizzano questo romanzo? Scopritelo nell’articolo che segue!
Gli sbagli fanno parte della vita proprio come l’infelicità. È bello avere il potere e scegliere a nome di tutti. Ma il rischio di ogni scelta è di fare quella sbagliata. Tuttavia dobbiamo comunque farla. La paura di essere adulti è una scusa meschina per rimanere bambini.
Un piccolo odio, Joe Abercrombie

Un piccolo odio: la trama
L’ETÀ DELLA FOLLIA È ARRIVATA. Leo dan Brock lotta per conquistare la fama sul campo di battaglia e sconfiggere Crepuscolo il Possente. Spera nell’aiuto della corona, ma il Principe Coronato Orso è specializzato nel deludere gli altri. Savine dan Glokta, figlia dell’uomo più odiato del regno, progetta di scalare la società con ogni mezzo possibile. Ma i bassifondi ribollono di una rabbia che neanche tutto il denaro del mondo può placare. È l’alba dell’era della macchina, ma la magia non è morta. Con l’aiuto di Isern-i-Phail, Rikke si batte per controllare il potere della Vista Profonda. Una cosa è intravedere il futuro, ma con la guida del Primo dei Magi che ne tira le fila cambiarlo sarà un’altra storia…
Fonte: oscarmondadori.it
Un mondo che si affaccia al progresso, ma che non abbandona la magia ed è lontano dalla pace
Le terre dell’Unione sono in fermento. Al Nord, il Protettorato del Mastino è messo a rischio dagli uomini di Toro Mano di Ferro e Crepuscolo il Possente; a Valbeck, cittadina industriale, gli Spettazatori e gli Incendiari progettano di ribellarsi al potere dei padroni per concedere diritti ai lavoratori; a Adua, la capitale del regno, la pace è solo una realtà fittizia dietro la quale si nascondono invidie, ambizioni e complotti.
È in questo clima che Joe Abercrombie fa sbocciare un seme che attecchisce in qualsiasi tipo di terreno: la violenza. È una carta che l’autore usa con parsimonia ma senza peli sulla lingua, in scene e descrizioni che racchiudono una brutalità non solo fisica, ma mentale.
Aveva sempre considerato la civiltà come una macchina, ricavata dal ferro rigido, ogni elemento inserito al proprio posto. Adesso vedeva che era un tessuto diafano come il velo di una sposa. Un arazzo che tutti concordano di tenere al suo posto, ma che può essere strappato in un istante. E subito sotto, ciò che si annida è l’inferno.
Un piccolo odio, Joe Abercrombie
Nella situazione al Nord, la violenza prende forma attraverso la guerra che infiamma tra le due fazioni sopracitate. In questa landa in cui si prova ancora una sorta di rispetto nei confronti della vecchia magia e le storie di vecchi eroi del passato forgiano le menti di giovani guerrieri, c’è ben poco spazio per le canzoni e le grandi gesta. Sul campo di battaglia, tutti gli uomini muoiono e uccidono allo stesso modo. Un piccolo odio non è un posto per combattenti valorosi, senza macchia e senza paura; bensì, è una vivida lente d’ingrandimento su come il patetismo degli uomini accresca di fronte alla morte.

Ma poi, che fine fanno i soldati quando non sono impegnati a combattere? Cosa succede alle loro famiglie, alle loro case e alle loro vite quando sono assenti? In un mondo che sta varcando la soglia della rivoluzione industriale, ciò che attende questi uomini una volta lasciate le armi è la disillusione. Alla povera gente, a differenza dei comandanti e delle personalità illustri, non spetta la gloria. Le case vengono espropriate, i campi vengono chiusi da recinzioni che definiscono i terreni dei proprietari. I ricchi mangiano, la povera gente lavora e fa la fame nelle fabbriche, luoghi in cui la sicurezza è una lontana utopia e in cui l’età dei lavoratori non conta. Tutta ruota attorno al profitto.
A Valbeck la violenza è sia un grido disperato che pura follia. La situazione degenera quando gli Spezzatori – un gruppo di rivoltosi che esige migliori condizioni di vita – e gli Incendiari – estremisti che non fanno molte distinzioni sulle persone da giustiziare per ristabilire la loro idea di ordine – decidono che è giunto il momento di porre un freno al dominio dei padroni. Tra le pagine di Un piccolo odio, Joe Abercrombie fa emergere un’aspra critica sociale, soprattutto rivolta agli eccessi degli uomini.
I personaggi di Un piccolo odio: egoisti, ambiziosi, patetici, umani
Non sarebbe corretto dire che in Un piccolo odio esistano personaggi al di là della moralità grigia. A dire il vero, persino questa definizione potrebbe risultare alquanto mite. La verità è che tutti i personaggi di questo libro sono detestabili o amabili, derisibili o invidiabili. Tutto sta dal punto di vista dal quale li si osserva.
La narrazione di Un piccolo odio è costellata di diversi narratori, che cambiano di capitolo in capitolo, o, in alcuni casi, all’interno dello stesso. A differenza di ciò accade in molti altri romanzi, non ci sono nomi a segnalare il cambio di punto di vista nella storia. Eppure, ogni personaggio è talmente distinguibile nella sua voce che sarebbe impossibile non riconoscerlo.
Colui che tenta di piacere a tutti non piace a nessuno.
Un piccolo odio, Joe Abercrombie
I personaggi più rilevanti della storia sono Savine dan Glokta, donna ambiziosa, figlia di un uomo temuto, che si è fatta strada tra le persone più ricche di Adua con il suo fiuto per gli affari; il Principe Coronato Orso, un uomo che al momento come unici posti al mondo ha trovato quello tra le lenzuola di qualche donna, quello sul fondo di una bottiglia o quello allucinogeno della polvere di perla; Rikke, la figlia del Mastino, una ragazza schietta, goffa e che possiede la Vista Profonda, un potere che le permette di avere visioni del futuro e stralci del passato; Leo dan Brock, il Giovane Leone, un combattente che fa troppo affidamento sulle storia e che si rifiuta di maturare.
Tra tutti loro – ma anche tra i numerosi personaggi secondari, che riescono comunque a spiccare nelle loro scene – non ce n’è uno che possa dirsi senza colpa. Tutti compiono o pensano mostruosità, tutti sono reda delle loro paure, delle loro ambizioni, dei loro desideri. Ai loro occhi possono avere buone motivazioni, ma a quelli degli altri non sono altro che un branco di esseri egoisti, pigri, vanagloriosi. Insomma, sono umani.
Già leggendo le prime pagine di Un piccolo odio, non riuscivo a spiegarmi come fosse possibile che i suoi personaggi mi sembrassero così reali da poterli identificare in persone che, in un giorno qualunque, avrei potuto incontrare in giro per le strade. Poi ho scoperto che Joe Abercrombie è laureato in psicologia e ho avuto la mia risposta.
Joe Abercrombie e i personaggi femminili
È un problema che spesso assale principalmente le lettrici quello di trovare autori uomini che non sappiano scrivere di donne. Li conosciamo tutti gli stereotipi in cui, spesso e volentieri, si può incappare. Dopo aver letto Un piccolo odio, posso dire che a Joe Abercrombie darei volentieri una spilla al merito per come ha trattato le sue antieroine.
Dov’è il divertimento nel piegare ai tuoi voleri la gente già flessibile?
Un piccolo odio, Joe Abercrombie
Cosa rende i personaggi femminili di Joe Abercrombie ben costruiti? Il fatto che, nella loro caratterizzazione, vengano viste innanzitutto come persone. Ho già menzionato Savine e Rikke, ma nel libro sono presenti anche Vick Teufel, una donna che lavora come spia per l’Inquisizione tra i ranghi degli Spezzatori, oppure Isern-i-Phail, la mentore di Rikke, oppure ancora Zuri, la damigella e amica di Savine con la sua lingua tagliente.
Queste donne sono assetate di potere, sono spietate, sono carnali, sono deboli, sciocche, talvolta ingenue nella loro convinzione di sapere tutto. Proprio come le loro controparti maschili, non è il loro genere a dettare chi sono. È forse il lavoro che moltə autorə dovrebbero fare nella creazione dei loro personaggi.

Un piccolo odio: a quando il secondo capitolo?
Una prosa eccezionalmente dinamica, divertente, irriverente, riflessiva e coinvolgente; personaggi indimenticabili, sfaccettati, realistici; rapporti umani complessi ed emozionanti; tematiche che variano dal sociale alla salute mentale; colpi di scena che vi lasceranno con la bocca aperta e il fiato sospeso. Sì, Un piccolo odio è senza ombra di dubbio uno dei libri migliori che mi sia capitato tra le mani negli ultimi anni, e ancora non mi capacito di come non l’abbia letto prima. Un fantasy da inserire nelle categorie del dark, dell’epic e soprattutto del grimdark, adatto per chi ha amato i libri di George R. R. Martin (e cerca una serie conclusa).

Si può leggere Un piccolo odio senza aver letto la trilogia di La Prima Legge? Non so quanto sia consigliabile, ma per esperienza personale posso assicurare che la lettura sia ugualmente comprensibile. Forse mi sarei potuta risparmiare qualche sconvolgimento esistenziale, ma allo stesso tempo avrei rinunciato a un’esperienza che si è rivelata unica. Se non altro, sono ancora più invogliato a recuperare tutti i libri di Joe Abercrombie.
Al momento, la ristampa del secondo volume della trilogia, Il problema della pace, è introvabile in formato cartaceo e si è in attesa di una ristampa. Speriamo solo che i tempi di attesa siano brevi e di poter tornare a seguire le avventure di Savine, Orso, Leo e Rikke molto presto!