
Un luogo soleggiato per gente ombrosa, la recensione
A settembre 2025 è arrivata in Italia la nuova raccolta di racconti di Mariana Enriquez. Edito Marsilio, ne Un luogo soleggiato per gente ombrosa “l’esplorazione dei nostri timori e desideri reconditi si combina a un’analisi spietata delle minacce che la società capitalista muove verso i più fragili, dando corpo a un’esperienza di lettura illuminante e profonda, mai consolatoria, di eccezionale qualità letteraria.” Paragonata dalla critica a grandi della letteratura dell’inquietudine come Stephen King e Shirley Jackson, Mariana Enriquez accompagna la nostra stagione autunnale con storie di fantasmi e di presenze nel buio. E lo fa con una penna impossibile da confondere nella folla.
Un luogo soleggiato per gente ombrosa: storie raccontate alla luce del sole
Ci capita spesso – sin da quando siamo piccoli – di metterci ad ascoltare le storie di paura. Quel brivido e quell’adrenalina che dapprincipio assumono la veste di inquietudine. E tale inquietudine, soffusa, a malapena accennata, permea nella nostra pelle per poi sprofondare sempre più, come un corpo dentro le sabbie mobili. Dagli anfratti del nostro essere, poi, sorge un timore, che via via si ingrandisce quando il ritmo della storia diventa sempre più enorme. Infine esplode e si tramuta in in terrore. Ebbene sì: queste storie molto spesso ci piacciono. Sia ascoltarle, sia leggerle, sia vederle. Per enfatizzare, prepariamo anche la scena: un nido buio e caldo, con un solo filtro di luce, giusto il necessario per poter permetterci di vedere. Mentre il gioco di ombre si tramuta in danza inquietante.
Io resto qui perché ci vive mia madre. Una morta può vivere? Insomma, è presente. Da quando l’ho scoperta, capisco meglio la parola. L’ho presentita prima di vederla.
Un luogo soleggiato per gente ombrosa, Mariana Enriquez
Ma, presto, la nostra immaginazione fa tutto il resto. I motivi narrativi li proiettiamo nella realtà che ci circonda. I mostri – entità senza forma, senza voce e senza anima – ci accerchiano. Il gioco è tutto lì. Complice di queste storie è il buio della notte, da sempre considerata un luogo dove tutto risiede, dove l’oscurità (nel senso maligno) riesce a venire fuori. Non siamo in grado di vederci bene. È nel buio della notte che i fantasmi prendono vita, che i demoni si liberano e che, con la complicità della tiepida luce lunare, viaggiano indisturbati sulla Terra. Ne Un luogo soleggiato per gente ombrosa di Mariana Enriquez, tuttavia, non è così. Lo suggerisce il titolo stesso: ci riprendiamo il nostro diritto di vedere, perché i mostri sono in grado di celarsi anche lì, dove potremmo riconoscerli. Ma non lo facciamo.
Tra spiriti e “orrori” del corpo
Mariana Enriquez ci delizia con dodici racconti, uno più intenso dell’altro, dove prendono vita dei mostri. Ma quei mostri possono essere anche radicati nella vita di tutti i giorni. I protagonisti sono sempre diversi: personaggi principali inseriti in trame che si manifestano con i toni dell’horror, dalle atmosfere cupe, protagoniste immerse nella vita di tutti i giorni, che all’improvviso vengono scombussolate da eventi straordinari. Oppure, vediamo chi finge di poter condurre una vita normale, me si porta con sé oscuri segreti provenienti da un passato più lontano. Possiamo leggere delle trasmutazioni del corpo, delle metamorfosi e della convivenza con ciò che sembra diverso. La scrittrice stessa, in un’intervista a «il Manifesto» spiega il suo punto di vista così:
In un libro se non è la storia di una malattia grave, il corpo è poco presente. Eppure nel quotidiano, il corpo c’è sempre. Il corpo che ha l’asma, che si fa male, che ha una distorsione, e questo influenza tutto: il modo di pensare, muoversi, agire. Nella narrativa però vediamo che un personaggio non viene mai descritto come malato, a meno che appaia nella trama principale. La malattia è nel quotidiano e mi interessa portarla dentro la narrazione, come un elemento che fa parte della vita di tutti i giorni.
Che poi… è un po’ è la chiave di lettura di Un luogo soleggiato per gente ombrosa. L’interpretazione della relazione dei personaggi con i propri corpi, con i problemi e i disagi è un modo di rivelare la scrittura gotica e contemporanea della scrittrice. Che riesce a volgere uno sguardo moderno alle inquietudini umane.
La grande componente sociale in Un luogo soleggiato per gente ombrosa
Se i personaggi cambiano, se le storie non sono mai le stesse, i luoghi, invece, sono un punto fermo. L’Argentina, paese da cui proviene l’autrice, è il palcoscenico adatto per narrare racconti di questo tipo, così il lettore viene catapultato tra le strade della periferia, per le baraccopoli, o in discariche infinite (come per il racconto Il cimitero dei frigoriferi). Ma per Enriquez che cosa viene prima? Me lo sono chiesto per tutta la lettura, anche se la risposta ce l’avevo già fin dal primissimo racconto, I miei tristi morti. Non sono i mostri i protagonisti di queste pagine, ma la società, invece, assume il ruolo principale. Il degrado, la povertà in cui combattono tutti gli outcast, gli emarginati.
«Non avevano mai mandato un solo dollaro. Non avevano mai chiesto se avevamo bisogno di qualcosa, e noi avevamo bisogno di molte cose per tutti gli anni in cui in Argentina c’erano crisi, ripresa, smarrimento, follia, disastro e ripresa».
Dal racconto “Julia”, Un luogo soleggiato per gente ombrosa, Mariana Enriquez
L’autrice utilizza il genere con cui scrive non come fattore primario delle sue opere, ma piuttosto pare che il fantastico e il weird, il paranormale e il soprannaturale, non siano nient’altro che mezzi che accompagnano il suo vero intento. Farsi testimone di una condizione di vita, denunciarla. È la realtà dei fatti il vero elemento che suscita terrore, che insinua quell’inquietudine, che prima ho nominato. Non gli spiriti che producono solo enfasi, ma i disadattati, gli esclusi, che diventano i mostri sotto lo sguardo degli altri. Il lettore, invece, spalanca il suo e riconosce come terrifica una situazione in cui l’Uomo è costretto a sottomettersi. La paura nasce dal fatto che trovare una via d’uscita è a volte impossibile.
In conclusione
Questo libro ha davvero tanto da apprezzare. Da un lato il forte simbolismo, che la componente fantastica assume in tutti i suoi racconti, è sì ben presente, connotato da sfumature magiche evidenti, ma allo stesso tempo non si mimetizza del tutto. Dice di essere lì e fa intendere perfettamente qual è la ragione della sua presenza. In altre parole, Un luogo soleggiato per gente ombrosa si bilancia tra realismo e magia. Alle volte, mentre lo si legge, ci si dimentica che i fatti narrati non sono straordinari, ma ordinari, perché il loro inserimento è quello di un tassello del puzzle che si incastra perfettamente con gli altri. Alle volte propende il reale (significativo è l’incipit assoluto, che sancisce ogni intento “Per prima cosa, credo di dover descrivere il quartiere”.), alle volte propende il fantastico, con le manifestazioni, le metamorfosi e le apparizioni di ogni genere.