
Mariana Enríquez: l’orrore che racconta le ferite della realtà
Mariana Enriquez, arrivata in Italia sotto l’ala protettrice di Marsilio Editore, si riconferma – storia dopo storia – una delle voci più originali, potenti e inquietanti della letteratura argentina contemporanea. Giornalista, critica culturale e scrittrice, Enriquez conquista i lettori internazionali grazie a racconti e romanzi che esplorano le paure collettive e le ferite della storia argentina, trasformando il terrore in una lente narrativa capace di svelare le ombre della società contemporanea.
Corpi, paure e periferie: la voce gotica di Buenos Aires
La scrittura di Mariana Enriquez è densa e visiva: all’autrice basta portare l’attenzione su un dettaglio fuori posto per trasformare la quotidianità in qualcosa di sinistro. Nei suoi racconti Enriquez riesce a trattare con mano delicata temi come la violenza di genere, la povertà, l’emarginazione, la malattia, la discriminazione, la morte. In I pericoli di fumare a letto emergono già le ossessioni che attraverseranno tutta la sua scrittura: il rapporto con la morte, l’adolescenza segnata dall’oscurità, i corpi feriti e violati. Con Le cose che abbiamo perso nel fuoco queste inquietudini trovano la loro massima espressione: sono le donne, gli adolescenti, i “dimenticati” della società a prendersi la scena. Non come vittime passive, ma come figure che trasformano dolore e rabbia in storie di orrore e resistenza. Nella sua raccolta più recente, Un luogo soleggiato per gente ombrosa, Enriquez sposta ancora di più lo sguardo sul corpo e sulla malattia: lei stessa ha confessato che la degenerazione fisica, il lento spegnersi, la terrorizza e i racconti diventano quasi un esorcismo personale, un modo di affrontare ciò di cui ha più timore.
Forse lui ha deciso che la sua tristezza sarebbe rimasta per sempre al mio fianco, fino a quando l’avesse voluto lui, perché la gente triste non ha pietà.
Un posto soleggiato per gente ombrosa, Mariana Enriquez
Ma ridurre Enriquez a una semplice scrittrice di horror sarebbe limitante. Quello che la rende davvero centrale nel panorama contemporaneo è lo sguardo politico che attraversa ogni sua storia. Le sue narrazioni ci costringono a fare i conti con le ombre della società: le ingiustizie che spesso si ignorano, la violenza che permea la quotidianità, le ferite che non trovano voce. L’horror, nelle sue mani, diventa un linguaggio potentissimo per raccontare ciò che altrimenti resterebbe nascosto, senza perdere mai intensità narrativa o forza emotiva.
Tra horror e memoria: il capolavoro di Enriquez
La nostra parte di notte, pubblicato nel 2019 e vincitore del Premio Herralde, è considerato da molti il capolavoro di Mariana Enriquez. Non solo per la mole – oltre settecento pagine – ma perché riesce a condensare in un’unica opera horror, gotico, realismo magico e memoria storica, creando un romanzo monumentale che va oltre i confini del genere. Enriquez costruisce una storia che è al tempo stesso intima e collettiva, visionaria e concreta, spaventosa e commovente.
Al centro della vicenda ci sono Juan, un medium fragile e tormentato, e suo figlio Gaspar, erede di un potere oscuro che incombe su di lui come una maledizione. Fin dalle prime pagine il romanzo si presenta come un viaggio, un percorso fisico lungo le strade e i paesaggi argentini, ma anche un cammino interiore fatto di paure, fughe e tentativi disperati di sottrarsi a un destino già scritto. Padre e figlio cercano di allontanarsi da quell’eredità, immersi in scenari che si tingono di mistero, in cui ogni presenza può trasformarsi in minaccia e ogni luogo può diventare teatro dell’orrore.
Guardando tanto le stelle, ci si sente persi, fuori dal mondo. Nello spazio, la vita umana non ha senso. In questo luogo nemmeno.
La nostra parte di notte, Mariana Enriquez
L’orrore che Enriquez mette in scena, però, non è mai puro artificio narrativo. L’Ordine, la setta che desidera impossessarsi dei poteri di Gaspar, diventa subito qualcosa di più: una metafora del potere, della sua natura corrotta e spietata, della sua capacità di sacrificare vite umane pur di perpetuarsi. Nei rituali sanguinari, nelle torture, nei corpi martoriati e consumati, nella logica implacabile della setta, si riflettono le dinamiche della dittatura argentina, con i suoi desaparecidos, con quella violenza sistematica e silenziosa che ha marchiato a fuoco la memoria collettiva. Così il soprannaturale si fonde con lo storico, e l’orrore gotico diventa strumento per leggere la realtà e i suoi lati più oscuri.
Eppure, al di là delle atmosfere e della dimensione politica, ciò che colpisce è il cuore emotivo del romanzo: il rapporto tra Juan e Gaspar. Juan è un padre malato, consumato dal peso del proprio dono e consapevole che non potrà sfuggire al crudele destino. Eppure lotta con tutte le forze, pur fragili, per proteggere suo figlio, cercando di rimandare o impedire l’eredità mostruosa che lo attende. È una figura tragica, segnata dalla debolezza fisica ma capace di un amore totale, che si oppone a un male più grande di lui. In questo contrasto tra fragilità e resistenza si trova la forza emotiva del libro: non solo un affresco gotico e politico, ma anche una storia struggente di amore paterno e sacrificio.
Era il 1978 e il massacro era generalizzato. Juan odiava uscire di casa, non aveva la forza per coprire gli echi e le vibrazioni di quella sfrenata malvagità: non aveva mai sentito niente del genere. Si era addirittura allontanato da suo figlio, che aveva un’età in cui era rumoroso ed esigente, non assomigliava più all’adorato bambino della prima infanzia. Rosario gli diceva sempre “chiuditi, ti aiuto” e non gli credeva quando lui spiegava che i metodi abituali non erano sufficienti, che sarebbe stato necessario reinventare la protezione, ma lui non aveva gli strumenti per farlo. I primi due anni della dittatura erano stati così: ciò che stava imperversando, Juan lo sentiva come un attacco diretto.
La nostra parte di notte, Mariana Enriquez
Un elemento particolarmente affascinante del romanzo è il modo in cui Enriquez rappresenta il corpo. Nei rituali dell’Ordine i corpi vengono smembrati, sacrificati, svuotati. Il corpo di Juan è il tramite attraverso cui passano entità oscure, quello di Gaspar è percepito come contenitore di un potere da sfruttare. Ma il corpo non è solo vittima, diventa anche luogo di resistenza, spazio in cui si inscrivono traumi, memorie, violenze, ma anche possibilità di ribellione. Enriquez recupera così una tradizione letteraria latinoamericana che lega la fisicità al trauma storico e alla memoria collettiva, trasformando la carne stessa in campo di battaglia.
Oltre l'orrore e la paura
Che si tratti dei quartieri popolari di Buenos Aires, dei corpi segnati dalla malattia e dalla paura, o delle ombre della dittatura argentina, Enriquez costruisce un immaginario potente e coerente, dove l’horror diventa linguaggio politico e insieme esperienza emotiva. La sua scrittura, magnetica e visiva, riesce a rendere universali storie radicate nel contesto latinoamericano, portando sulla scena letteraria internazionale un modo nuovo di intendere il gotico. Con le sue opere, Enriquez ci ricorda che il male non è mai confinato ai fantasmi o ai mostri della fantasia: abita le strade, le case, le famiglie, le istituzioni. Eppure, dentro questo buio, resta sempre uno spazio per la resistenza, per l’affetto, per l’amore. Forse è proprio questo il cuore del suo lavoro: mostrarci che anche nelle notti più oscure brilla una scintilla di umanità, fragile ma irriducibile.