Falena: metamorfosi, sangue e resistenza in una fiaba selvaggia
Ci sono libri che si leggono, e poi ci sono libri che entrano sotto pelle, che fanno prurito, che lasciano un graffio. Falena, la novella di Natalia Guerrieri, è uno di questi. Un testo che pulsa, che graffia, che trasforma. Pubblicato da Zona 42, Falena è una narrazione selvaggia, mitica e carnale. È la storia di Dana, migrante e strega, corpo femminile e territorio di confine, che incarna insieme fragilità e furia, resistenza e metamorfosi.
Il coraggio di riconoscersi
Già nei suoi precedenti romanzi (Non muoiono le api, Sono fame), Guerrieri ci aveva abituati a una scrittura profondamente radicata nel presente: sociale, politica, attenta alle crepe del mondo. Ma in Falena qualcosa cambia. L’indagine si fa viscerale, prende il sentiero del mito, della fiaba, della carne. Qui non c’è solo denuncia: c’è rito. E il dolore non è soltanto qualcosa da esporre, ma un varco. Una soglia da oltrepassare.
Il mio corpo è gigantesco, può abbracciare tutto il paese. Il mio corpo è minuscolo e pallido come quello di una falena.
Falena, Natalia Guerrieri
Dana è una figura liminale, costantemente in fuga e in trasformazione. Perseguitata, esclusa, condannata per ciò che è ma anche per ciò che rifiuta di essere. La metamorfosi, in Falena, non è mai liberatoria: è brutale. Le trasformazioni del corpo sono violente, necessarie, quasi biologiche. Reazioni al trauma, risposte dell’organismo a un mondo che non lascia scampo. Il rifiuto nel sentirsi incatenata ad una forma che la società impone, la riappropriazione del proprio essere e la fierezza nel reclamare a gran voce la propria identità.
Falena: dare voce alla natura
Guerrieri sceglie di raccontare queste mutazioni senza pietà ma con infinita compassione, attraverso una lingua che è al tempo stesso poetica e ferina, ricca di fonemi dimenticati, dialettali, antichi. Come se il testo stesso fosse un corpo che cambia, che muta, che si contorce.In questa scrittura sensoriale e arcaica, in cui ogni parola è un ponte tra la carne e lo spirito, emerge la figura della Donna Frassino, forse la più potente del romanzo. Una creatura leggendaria, spirito vegetale e memoria della terra, simbolo di un’ecologia profonda e viscerale, dove non esiste gerarchia tra umano e non umano.
È lei che ci ricorda che la natura non è mai sfondo, ma soggetto. Osserva, partecipa, decide. La natura è onnipresente: boschi, vento, insetti, radici. Tutto è vivo, tutto ha voce. In Falena non c’è mai passività. La materia reagisce. Il sangue ricorda. Anche la scrittura risponde a questa logica organica. L’autrice lavora con le parole come con ossa e tessuti. Modella la lingua come se fosse un impasto di terra e sangue. Si ha l’impressione che ogni parola emerga da un luogo nascosto, forse dal ricordo di un sogno comune ma spesso dimenticato.
Come una passeggiata nel bosco di notte
Falena è un libro breve ma non è un libro facile. Ci sono passaggi che colpiscono, che richiedono una pausa. Leggerlo è come attraversare un bosco fitto in piena notte: si inciampa, si ha paura, ma si continua a camminare. Perché qualcosa ci chiama. Una voce. Forse un battito d’ali.