
Detransition, Baby: il romanzo che ha scosso la letteratura queer
Nel mese del Pride, vi proponiamo un romanzo che non solo celebra le voci LGBTQIA+, ma le mette radicalmente al centro del discorso. Si tratta di Detransition, Baby di Torrey Peters, un libro potente, spiazzante, necessario.
Pubblicato nel 2021, Detransition, Baby è stato il primo romanzo di una donna transgender a essere candidato al prestigioso Women’s Prize for Fiction e ha segnato un punto di svolta nella rappresentazione letteraria delle identità trans. Il romanzo ha vinto il PEN/Hemingway Award 2021 per il miglior romanzo d’esordio ed è arrivato alla finale del National Book Critics Circle Award, tra gli altri. Ma al di là del valore simbolico, ciò che colpisce di più è la voce autentica, tagliente e profonda con cui Peters racconta una storia che parla di genere, amore, perdita, desiderio e possibilità.
Un romanzo che nasce per spiegarsi agli amici
Torrey Peters ha raccontato di aver scritto Detransition, Baby inizialmente per un gruppo ristretto di amicə: non per il mercato editoriale, non per spiegare “com’è essere trans” al pubblico cisgender, ma come una lettera intima, onesta, quasi privata. Un tentativo di mettere in parole la complessità della propria esperienza, i desideri indicibili, le contraddizioni quotidiane.
Non è un romanzo didattico e non vuole essere un manuale sulla transizione. Non si preoccupa di semplificare o “tradurre” per rendere più accessibile il vissuto trans a chi non lo conosce. Al contrario, Peters pretende che chi legge stia al passo, anche quando i passaggi sono difficili da comprendere per chi vive in un corpo e in un’identità “conformi alla norma”.

È un libro onesto, vulnerabile, coraggioso, che si interroga senza sosta su cosa significhi abitare davvero il proprio genere, il proprio corpo, le proprie relazioni. In questo risiede forse il suo valore più profondo: Detransition, Baby non semplifica, non edulcora, non rassicura. Espone tutto: il dolore, l’ambivalenza, la confusione – ma anche le possibilità. Quelle più radicali, più queer, più inattese.
Perché al centro del romanzo non c’è solo l’identità, ma la possibilità di reinventare la famiglia, l’amore, la maternità stessa, al di fuori di ogni schema prestabilito. E in un mondo ancora ossessionato dalla chiarezza, dalla definizione, dalla divisione binaria, questo è forse l’atto più rivoluzionario.
Di cosa parla Detransition, Baby?
Al centro del romanzo ci sono tre personaggi complessi e profondamente umani: Reese, Ames e Katrina. Le loro vite si intrecciano in un momento di svolta, che li costringe a confrontarsi con i propri desideri più intimi, le paure più profonde e le domande più scomode.
Reese è una donna trans che ha sempre desiderato un figlio. Per lei, la maternità non è solo un sogno personale, ma anche un modo per affermare la propria identità femminile in un mondo che continua a metterla in discussione. Vive a Brooklyn, ha una storia sentimentale complicata alle spalle e sente il peso della solitudine e delle aspettative.
Ames, invece, ha un percorso molto diverso. Un tempo era una donna trans di nome Amy, e aveva una relazione con Reese. Dopo aver vissuto una fase intensa e radicale di affermazione di genere, Amy ha scelto di “detransizionare” – cioè di interrompere il percorso di transizione e tornare a vivere da uomo – diventando Ames. Una scelta che non nasce da un cambiamento d’identità in senso stretto, ma da un misto di esaurimento emotivo, difficoltà sociali, senso di inadeguatezza e desiderio di protezione.
Mi sono stufato di vivere come una persona trans. Sono arrivato al punto in cui ho pensato che non avevo bisogno di tollerare le stronzate sul genere per soddisfare il mio senso di me. Io sono trans, ma non ho bisogno di fare la persona trans.
Detransition, Baby, Torrey Peters

Quando Ames inizia una relazione con Katrina, una collega cisgender, sembra voler condurre una vita più “normale”. Ma la normalità non è mai semplice. Quando Katrina rimane incinta, Ames va in crisi: non si sente pronto a essere padre, né uomo nel senso tradizionale del termine, eppure l’idea che un figlio stia per arrivare lo scuote nel profondo.
Ed è qui che arriva la proposta shock: chiamare Reese e chiederle di entrare a far parte di questa “nuova” famiglia queer. Reese, che desidera diventare madre, potrebbe assumere un ruolo genitoriale nel crescere il bambino. Ames, che si sente ancora legato a lei nonostante tutto, intravede una possibilità di riscatto e reinvenzione. Katrina, invece, si ritrova di fronte a una decisione difficile: è disposta ad accogliere una visione così radicale della genitorialità e della famiglia?
Genere e genitorialità: oltre ogni binarismo
Ciò che rende Detransition, Baby un romanzo tanto radicale quanto tenero è il modo in cui Peters destruttura il concetto di famiglia. Non c’è solo la questione della transizione o della detransizione – che già da sola sarebbe sufficiente a generare dibattito – ma l’idea che la genitorialità possa essere una scelta capace di rompere le gabbie dell’eteronormatività. Quello che Torrey Peters costruisce è un triangolo affettivo non convenzionale, che mette in discussione ogni categoria: chi può essere genitore? Cosa significa essere madre o padre? Come si può amare al di fuori dei modelli binari?
La storia si sviluppa attraverso flashback, dialoghi intensi, introspezioni dolorose e momenti di inaspettata tenerezza, esplorando le relazioni tra lə personaggə e le loro identità in continua evoluzione. Non ci sono eroi o villain, ma solo persone che cercano di trovare un posto nel mondo, combattendo contro lo stigma, il rimpianto, la paura di fallire e il bisogno urgente di connessione.
Detransition, Baby non è un romanzo che offre risposte semplici. Piuttosto, è un invito a ripensare cosa significa costruire una vita autentica in un mondo che ci vuole riconoscibili, classificabili, prevedibili. Attraverso questa proposta di famiglia a tre, Peters ci porta dentro il cuore pulsante della queer experience, tra gioie e fratture, rinunce e possibilità.
Le mamme che ho conosciuto quando ero piccola non dovevano dimostrare che volere un figlio fosse giusto. Certo, un sacco di donne che conosco si chiedono se vogliono un figlio, ma mai perché. il perché è scontato. La domanda che viene posta alle donne cis è: “perché non vuoi dei figli?”. E allora si devono giustificare. Se fossi nata Cis non avrei mai dovuto rispondere a queste domande. Non avrei dovuto dimostrare di meritare i miei modelli di femminilità. Ma non sono cis. Sono trans. E così, fino al giorno in cui sarò madre, dovrò costantemente dimostrare che merito di esserlo. Che il mio desiderio per l’amore di un figlio non è innaturale o perverso. Perché voglio essere madre? Quando tutte le donne meravigliose con cui sono cresciuta, quelle che accompagnavano le mie classi in gita o mi preparavano il pranzo quando ero a casa loro, quelle che cucivano i costumi per tutte le ragazzine con cui pattinavo sul ghiaccio – e anche tu Katrina, per quel che conta – dovranno spiegare cosa provano nei confronti della maternità, lo farò anch’io.
Detransition, Baby, Torrey Peters
Un linguaggio diretto, una scrittura tagliente
La scrittura di Torrey Peters è tagliente come un bisturi: incide, disseziona, mette a nudo. È uno stile diretto, senza filtri, che non cerca mai di compiacere. Peters non fa sconti a nessuno: né ai personaggi cisgender, né a quelli trans, e tanto meno al lettore, che viene trascinato dentro un universo fatto di contraddizioni, ferite, desideri difficili da nominare.
Il romanzo affronta temi complessi e spesso evitati – la transfobia interiorizzata, la disforia, la sessualità queer, la maternità fuori dagli schemi – con una lucidità feroce, ma anche con ironia e, sorprendentemente, con una certa tenerezza. Peters riesce a parlare di dolore senza compatimenti, di corpi senza idealizzarli, di identità senza cercare definizioni rassicuranti.
Il risultato è un libro che non consola, ma interroga; che non cerca approvazione, ma verità – anche quando è scomoda, anche quando fa male. Ed è proprio in questa tensione che si rivela la potenza politica, letteraria ed emotiva di Detransition, Baby: nella capacità di scuotere, di spostare lo sguardo, di costringerci a pensare e ripensare cosa significhi essere, amare, scegliere.

Una voce necessaria, oltre la semplificazione
In un tempo in cui le persone trans sono spesso ridotte a bersagli ideologici o simboli da esibire, Detransition, Baby restituisce umanità, complessità e voce autentica. Il romanzo non si propone di parlare “a nome di tuttə”, ma proprio per questo riesce a toccare corde universali: il bisogno di essere vistə, amatə, riconosciutə; la paura di perdere sé stessə; il desiderio e il coraggio di reinventarsi, anche quando tutto sembra crollare.
Ma Detransition, Baby non si limita a raccontare una storia personale: mette a nudo anche le fratture e le tensioni che attraversano la comunità queer, in particolare quelle che riguardano le persone trans. Mostra come anche all’interno degli ambienti progressisti ci siano incomprensioni, giudizi e conflitti legati a identità, scelte di vita e percorsi di genere. Non è un racconto edulcorato di solidarietà a senso unico, ma una rappresentazione vera e complessa di relazioni umane, spesso difficili e contraddittorie.
Leggerlo durante il Pride significa fare spazio a narrazioni nuove e sfidanti, ascoltare chi troppo spesso viene messo a tacere o fraintesə e riconoscere che la letteratura queer non è solo militanza ideologica: è anche grande letteratura capace di raccontare la realtà con tutte le sue sfumature.