
The book of love di Kelly Link, la recensione
Kelly Link arriva in Italia con The book of love, il suo primo romanzo dopo una lunga serie di racconti che le sono valsi uno Hugo, tre Nebula Awards e una nomination ai Pulitzer del 2016. The book of love conta ben 720 pagine nell’edizione curata da Mercurio, un centinaio di meno in quella inglese. Vista la mole, è più che normale chiedersi: perché? Cosa c’era da dire in così tante pagine che non poteva essere detto in un racconto, appunto?
Morte-Lovesend, viaggio andata/ritorno
Erano in tre. Ma dov’erano? In un posto dove era meglio non essere. Non riuscivano a uscire. Quando trovarono una via d’uscita, qualcun altro li seguì. Qualcosa venne fuori con loro.
The book of love, Kelly Link
Lovesend, dicembre 2014. Un momento Susannah è furiosa con la sorella scomparsa e la piange fino ad addormentarsi, quello dopo si risveglia per il casino che sua sorella (sì, proprio Laura) fa nel bagno condiviso. E allora parte il solito teatrino: Susannah si innervosisce, Laura le risponde male e lei di rimando le urla addosso che la preferirebbe morta. E fino a quasi un anno prima morta Laura lo era, e così Daniel e Mo. Ma una notte come un’altra da questa parte della porta, loro tre sono ricomparsi nell’aula di musica della loro scuola, carne e ossa plasmate a immagine di ciò che erano da Mr Anabin. Lo credevano un’insegnante di musica senza particolari meriti, e invece è la controparte benevola e mal vestita di Bogomil, il guardiano del nessun-dove da cui sono usciti, seguiti a ruota da quel grumo di coscienza che, dopo le magie di Anabin, ha gli occhi spaiati e il nome di Bowie.

Bogomil è contrariato. C’è bisogno di equilibrio, non si può andare e venire dalla morte a proprio piacimento: il viaggio, lo sanno pure gli agnelli di pezza, è di sola andata. “Forse si può fare una partita?”, suggerisce Anabin. Una specie di torneo al termine del quale solo due potranno tenersi i loro vecchi nuovi corpi. Tutto ciò che devono fare è ricostruire le circostanze della propria morte. Ma Laura, Daniel, Mo e pure Bowie tornano a vivere. Certo, dotati di una magia con cui possono fare cose assurde come esplodere in un nugolo di falene o rianimare statue, ma comunque tornano. E chi se ne importa di quella dea vendicativa e mal vestita piombata a Lovesend per cercare la sua chiave (o era una moneta?).
Daniel disse: «Fa caldino per essere dicembre, no?».
Mr Anabin rispose: «Credo che il tempo sarà strano nei prossimi giorni. Tornare dal regno dei morti ha… diciamo che ha degli effetti collaterali».
The book of love, Kelly Link
Adolescenti nonostante tutto
Era stato bello far parte di qualcosa che generava tutto quel rumore.
The book of love, Kelly Link
The book of love è un romanzo che contiene mille voci, e Kelly Link, da sapiente direttrice d’orchestra, sa come farle passare da una ballad romantica a un pezzo punk rock. Lo si potrebbe definire uno slice of life in cui tira una leggera aria di fantastico o un coming of age dai risvolti weird, fatto sta che il fulcro di tutto rimangono sempre loro: Laura, Daniel, Mo, Susannah e in parte lo stesso Bowie (o era Avelot?), ritratti in maniera così realistica da dare a chi legge l’impressione di conoscerli o di essere stati loro.
«Come?», disse Mo. «Come? Non posso dargli una cosa se non so dove! E nemmeno cos’è. È una coppa? Una moneta? Un Pokémon raro? Siamo solo dei ragazzini nel caso non te ne fossi accorto, e non dovremmo sistemare i pasticci che avete combinato voi. Che hai combinato tu».
The book of love, Kelly Link
Sono ragazzini qualunque di una cittadina americana qualunque. Sono presuntuosi, a tratti detestabili, noiosi, e pure rompiballe (Laura, sto guardando te). Quando presi per il verso giusto, però, quando si lasciano avvicinare e comprendere, lasciano scoperti i loro lati più fragili: la paura viscerale di essere destinatə a niente altro che solitudine e silenzio, l’abnegazione che porta all’annullamento di sé stessə, la consapevolezza di aver bruciato l’oggi per un domani che non è mai arrivato.
Sesso, magia e rock’n’roll (con qualche stonatura)
Era una piccola canzoncina, una cosa da niente, ma anche le canzoncine contengono un po’ di magia. Laura ne era sempre stata convinta.
The book of love, Kelly Link
Questo senso di normalità investe pure l’elemento fantastico, che ne segue volentieri le curve. La magia è un fatto come un altro, una cosa di cui discutere davanti a una pizza o, nel migliore dei casi, uno strumento da suonare a orecchio. Per Laura, Daniel e Mo scoprire la verità sulla loro morte viene dopo un giro al centro commerciale o una sveltina quando nessuno è a casa. Persino Malo Mogge, la dea che mette sottosopra Lovesend, sembra uscita da One Piece dopo un istante di troppo. Attraverso le 720 pagine di The book of love Kelly Link sorride e ti chiede: sì, bella la magia, ma vuoi mettere la vita, i sentimenti, il sesso?

C’è questa frase fatta che dice: “Mira alla luna. Anche se la manchi, atterrerai tra le stelle”, e credo che descriva bene la parabola di The book of love. L’impressione che ho avuto è che Kelly Link abbia puntato a riprodurre il placido, stratificato, ridondante corso della vita, ma, così facendo, in più punti rischia di entrare in stallo e far accartocciare il romanzo su stesso. Con un fantasy mystery che non è davvero al centro della narrazione e una minaccia che non è davvero una minaccia, chi legge può perdere interesse strada facendo o, peggio, stizzirsi per le aspettative tradite.
The book of love: un primo romanzo riuscito?
Nelle parole di Link, The book of love è il suo primo romanzo “scritto di proposito, piuttosto che per caso”. The book of love è un romanzo polifonico in cui tutti, persino le comparse, hanno voce in capitolo, anzi una voce e un capitolo. Abbraccia tutto, ma proprio tutto tutto: lutto, sogni di gloria, rapporti complicati fra sorelle o scopamici, tigri fameliche, conigli che sembrano lupi, rancori immortali. Tutte queste cose, grandi e piccole, vere e immaginate, prese tutt’insieme costituiscono quel mastodontico, complesso, sfaccettato Libro dell’Amore.