OPINIONISTA
TRIGGER WARNING – Un discorso sulla letteratura scomoda

TRIGGER WARNING – Un discorso sulla letteratura scomoda

“Un libro è un fucile carico”, scriveva Ray Bradbury in Fahrenheit 451, e queste parole – che hanno ormai più di settant’anni – non sono mai state così attuali. Se bazzicate Internet, vi sarà capitato di incorrere nel termine Trigger Warning, una dicitura che mira ad allertare l’osservatore del fatto che, nel contenuto di cui sta usufruendo, a un certo punto si farà riferimento a tematiche sensibili e in molti casi “disturbanti” (morte, suicidio, violenza esplicita, ecc.). 

Negli ultimi anni questa dicitura è entrata anche nei libri sottoforma di avvertenze poste prima dell’inizio del romanzo e, qualche volta, anche nella quarta di copertina. Il dibattito sulla liceità della letteratura perturbante è sempre molto vivo tra i lettori: c’è chi la ritiene necessaria, in quanto l’essere umano ha bisogno per sua natura di conoscere il Male, ma non mancano i detrattori, che la ritengono superflua. Una cosa è certa: ogni storia ha un grilletto pronto ad essere premuto e, una volta letta, può suscitare ogni genere di sensazione, piacevole o spiacevole che sia.

Ma quali sono gli elementi che rendono un libro scomodo o disturbante? Abbiamo davvero bisogno dei trigger warning per leggere un romanzo? Ed è possibile che, come lettori e lettrici, non riusciamo più a fruire della letteratura senza prima venire avvisati della sua pericolosità?

TRIGGER WARNING: questo articolo potrebbe urtare la vostra sensibilità, leggete a vostro rischio e pericolo!

I più curiosi di voi avranno continuato a leggere nonostante l’avvertenza perché spesso l’idea di leggere qualcosa di pericoloso ci stuzzica: l’idea di venire turbati, scioccati da un romanzo, da un film o – perché no? – da un articolo genera un fremito eccitante. Siamo esseri razionali ma in certi casi emerge il nostro lato impulsivo. È lo stesso meccanismo per cui decidiamo di guardare un film horror che sappiamo contenere scene molto violente oppure di quando, per caso, ci ritroviamo davanti a un incidente stradale e non possiamo fare a meno di posare lo sguardo sulla scena. Ovviamente non tutti hanno lo stesso istinto di farsi rapire da una scena raccapricciante, ma nella maggior parte dei casi questo è forte ed è volto ad una funzione specifica: nutrire la nostra paura al fine di preparare la mente e il corpo a reagire a una circostanza di pericolo.

Ma cosa c’entra la letteratura con questa nostra necessità di farci impressionare? Beh, da che esiste la scrittura gli autori e le autrici hanno cercato di imprimere su carta le emozioni, i desideri e i tormenti dell’animo. Così facendo hanno creato libri in cui ci rifugiamo per passare un paio d’ore di relax, ma anche dai quali attingiamo al fine di capire noi stessi un po’ di più. A volte nei libri cerchiamo una risposta, altre volte un rifugio, ma spesso non troviamo nessuna delle due cose.

I libri disturbanti, un nuovo fenomeno mainstream

La dimostrazione del fatto che, come esseri umani, siamo costantemente alla ricerca del perturbante ci viene data dal BookTok e dalla sua trend zone piena di titoli angoscianti. Parlare di storie inquietanti va di moda e sotto l’hashtag #libridisturbanti fioccano titoli virali come Follia, Anima, Trilogia della città di K. e Lapvona, tutti libri in cui le tematiche sensibili sono esposte con particolare crudezza, spesso proprio al fine di turbare l’animo di chi legge. Tali caratteristiche vengono amplificate e usate come strategia di marketing: certi libri vendono proprio perché asseriscono di essere scioccanti!

Ovviamente accade lo stesso con i film e le serie tv: esempio lampante fu Saltburn, film di Prime Video venduto come opera disturbante per eccellenza e che, grazie a questa ossessione per il torbido, è salito in vetta alle classifiche di visualizzazione. Ma pensiamo anche alle serie true crime come Dahmer, che si è mantenuto in trend per mesi anche a causa di varie polemiche sollevate dalle famiglie delle vittime dell’omonimo serial killer.

Classici che triggerano

Oltre il trend del momento la letteratura è piena di libri “triggeranti”, e non sto parlando solo delle ultime novità del mercato editoriale – piuttosto saturo di libri definiti “disturbanti” ma che spesso non incendiano, limitandosi invece a produrre deboli scintille – ma di veri e propri pilastri della letteratura mondiale che ai loro tempi sono stati definiti eccessivamente disturbanti

Tra tutti si ricorda Cime Tempestose di Emily Brontë che, appena pubblicato, ricevette aspre critiche per i suoi personaggi tormentati e ossessivi, per le atmosfere oscure e la storia inquietante. Un altro romanzo ormai diventato un classico contemporaneo conosciuto per essere disturbante è Lolita di Nabokov, un romanzo di cui conosciamo l’immensa portata letteraria e l’altrettanto grande tematica di fondo che gli ha riservato non poche critiche (qui trovate un approfondimento su Nabokov e Lolita). Spostandoci in territorio americano non poteva mancare all’appello Amatissima di Toni Morrison, il romanzo più rappresentativo della storia della schiavitù delle persone nere, giudicato troppo crudo, devastante, inquietante – niente di diverso da come fu la schiavitù insomma.

Trigger warning libri disturbanti

Queste storie appartengono a epoche diverse e rispondono a esigenze diverse dei loro autori, ma tutte quante riescono a trasmettere in chi le legge una sensazione di turbamento che scuote le membra, genera emozioni contrastanti, sgradevoli, ma che non possono fare altro che farci sentire vivi. I libri citati sono capolavori della letteratura e hanno al loro interno tematiche forti come la pedofilia, la tortura e la manipolazione, tematiche che vengono rappresentate senza filtri, senza avvertenze di sorta, così che noi lettori possiamo farci travolgere da esse e dalla loro brutalità.

Premi il grilletto, se hai il coraggio

Oggi c’è chi si ribella a questa abbondanza di contenuti disturbanti, non certo chiedendone l’eliminazione (almeno non in questo contesto), piuttosto cercando di renderli più sicuri per un pubblico facilmente impressionabile. L’inserimento dei trigger warning in alcuni libri pubblicati negli ultimi anni è la risposta all’esigenza di una schiera di lettori che desiderano essere consapevoli da subito di quali tematiche forti andranno a leggere. Ciò può essere motivato da tante ragioni, la più importante delle quali riguarda il fatto che certe tematiche potrebbero far riaffiorare traumi pregressi e ciò potrebbe causare ansia e disagio in chi legge.

“In quei momenti, dopo che il grilletto è stato premuto, impariamo qualcosa di noi stessi, vale a dire che il passato non è morto. Ci sono cose che ci aspettano, pazientemente, negli oscuri cunicoli della nostra vita. Credevamo di essercele lasciate alle spalle, tolte dalla mente, di averle stese all’aria affinché rinsecchissero e volassero via; e invece sbagliavamo. Ci aspettano al riparo delle tenebre e intanto si tengono in forma, allenano i loro colpi più micidiali, i loro secchi, duri, insensibili pugni allo stomaco, ammazzando il tempo in attesa che noi si ripassi da quelle parti.” (Introduzione, in Trigger Warning, Neil Gaiman)

Inserire un trigger warning all’inizio di un romanzo è indubbiamente un modo per provare a tutelare quella parte di utenza più sensibile, ma qualche volta ha un effetto indesiderato: affidare la nostra esperienza di lettura alle avvertenze potrebbe condizionarci eccessivamente nella scelta del libro da leggere, in quanto anche solo la lettura di una parola “triggerante” potrebbe mettere in atto l’innesco che causa il ricordo dell’esperienza traumatica. 

In un altro caso l’inserimento reiterato dello stesso trigger warning potrebbe farci credere che certe questioni siano troppo difficili da affrontare e da capire senza che veniamo avvisati prima della loro presenza, a prescindere dal fatto che suddette questioni ci riguardino in prima persona o meno. Vi è poi un’altra questione da tenere da conto: chi decide quali sono le tematiche su cui è importante piazzare un trigger warning? Non ci sono delle vere e proprie linee guida su cosa potrebbe certamente turbare il lettore e cosa no, e il confine tra la protezione di una categoria e la censura di una tematica si fa sempre più sottile.

Un caso estremo: i libri proibiti negli Stati Uniti d'America

L’estremizzazione di questo concetto si ha nella censura che subiscono alcuni dei libri più importanti della storia nelle scuole americane. A partire dal 2022 negli Stati Uniti si è registrato un incremento del numero di libri banditi dalle biblioteche scolastiche in quanto – a detta di genitori, politici conservatori e personalità di spicco della comunità – tali libri presentavano tematiche inadatte a un pubblico di minori. Tutte le opere bandite, oltre ad essere capolavori della letteratura (tra i quali si annoverano 1984, Il Mondo Nuovo e il già citato Amatissima), sono romanzi e saggi che hanno al centro tematiche sociali di grande importanza come il razzismo, la sessualità e la discriminazione dovuta all’orientamento sessuale. 

Trigger warning libri disturbanti

Durante l’anno scolastico 2022-2023 la censura si è verificata in 153 distretti di 33 stati: in cima alla lista ci sono la Florida con oltre 1400 casi di libri banditi in 33 distretti e il Texas con 625 libri banditi in 12 distretti (Fonte: PEN America).

La scusa è, come sempre, quella di “proteggere i bambini”, ma sappiamo benissimo che ciò non è altro che uno specchietto per le allodole, l’ennesimo tentativo da parte di una fazione conservatrice di nascondere le tematiche legate alla discriminazione dai lettori e dalle lettrici più giovani. 

Ma quindi è sbagliato mettere i trigger warning?

“Questo libro si snoda attraverso alcuni luoghi oscuri e voglio che lз lettorз possano scegliere di accoglierli o rifiutarli a loro piacimento, quindi ho fornito la seguente guida ai contenuti.” (Nota dell’autrice, in Una dote di sangue, S. T. Gibson)

Questa citazione è tratta dal romanzo Una dote di sangue di S.T. Gibson, si tratta dell’inizio di una nota dell’autrice che precede una lunga lista di quattordici punti contenente gli elementi perturbanti del romanzo. Come affermato da Gibson, questa lista è stata stilata al fine di permettere la fruizione consapevole del suo libro a chi avesse scelto di leggerlo. Ricordo che nei giorni della pubblicazione si fece un gran parlare di questa lunga lista di trigger warning, l’attenzione venne monopolizzata più da quest’ultima che dal libro in sé, la cui fama andò sempre più ad affievolirsi.

I numerosi trigger warning hanno incuriosito molto i lettori più temerari e interessati alla letteratura disturbante, ma allo stesso tempo hanno frenato molte persone dal leggere il romanzo di Gibson: alcuni si sono chiesti se questa lista non avesse un fine più commerciale che di awareness, altri invece sono rimasti turbati da essa e, temendo di trovarsi di fronte a un romanzo eccessivamente disturbante, non hanno tentato la lettura. Il successo del romanzo, quantomeno all’estero e a prescindere dai trigger warning, è in ogni caso indubbio, strategia di marketing o meno.

Sulla natura delle storie

Nella mia esperienza di lettrice, sono sempre stata abituata ad approcciarmi ad una storia conoscendo a stento la trama indicata nella quarta di copertina, non vedrei di buon occhio un romanzo che mi presenta una lista di elementi caratteristici al suo interno in una forma così asettica e impersonale, la vedrei come un’anticipazione superflua e mi farebbe perdere interesse nella pubblicazione. Oltre alla questione delle anticipazioni, è importante capire come noi lettori e lettrici dovremmo percepire le storie: sono forse luoghi ameni in cui il turbamento è consentito solo a piccole dosi oppure luoghi in cui lo sconvolgimento può e, in alcuni casi, deve esserci per suscitare emozioni contrastanti oltre che comode? 

“Sono luoghi sicuri, le storie? Mi chiedo. E ancora: Dovrebbero essere dei luoghi sicuri?” (Introduzione, in Trigger Warning, Neil Gaiman)

Inutile dire che non c’è una risposta giusta a questa domanda ma, nella mia opinione, sarebbe opportuno un compromesso. È molto romantico pensare ai libri come luoghi magici in cui rifugiarsi dalle brutture del mondo, è una visione che spesso condivido anch’io per letture che mi fanno sentire particolarmente in pace; ma i libri non sono solo luoghi sicuri, sono espressioni di sensazioni reali, di disagi, speranze, dubbi e paure. Schermarci dalla bruttezza del mondo non è niente di diverso dal nascondere la polvere sotto il tappeto: potremmo non vederla e pensare che non ci sia, ma in realtà sappiamo bene, nel profondo, che quella sporcizia è lì e sta aspettando solo che solleviamo un lembo del tappeto per fuoriuscire e sporcare di realtà il mondo fintamente pacifico in cui abbiamo fatto tanta fatica a credere.

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