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Magnificat di Sonia Aggio: la recensione di un esordio straripante

Magnificat di Sonia Aggio: la recensione di un esordio straripante

È il 1951 e in un casolare di campagna del Polesine vivono Norma e Nilde, due cugine praticamente sorelle, rimaste orfane in seguito a un bombardamento durante la II Guerra Mondiale. Norma è una ragazza estroversa mentre Nilde si mostra riservata e timorosa. La sua paura inizierà a crescere nel momento in cui Norma assumerà strani comportamenti in seguito a una caduta dalla bicicletta, sparendo improvvisamente all’arrivo dei temporali e diventando intrattabile e collerica nei confronti di chiunque. Norma, in uno stato quasi di trance, sembra tornare alla terra e al fiume, si fa selvatica allontanandosi dalla bellezza che caratterizzava il suo viso simile a quello della Madonna del Magnificat.

S. Botticelli, Madonna del Magnificat, Galleria degli Uffizi di Firenze

«Lei è Norma l’inflessibile, la regola, la legge: non può scappare. Porta indietro il braccio. Nel suo sangue si annida la sua condanna.  È già stata qui, ha già lottato, e così sarà sempre. Lei è il cherubino del Magnificat, un gatto selvatico. Appartiene al fiume, non può tornare a casa.»

Magnificat: un omaggio alle proprie radici

Sonia Aggio, classe 1995 e di professione bibliotecaria, racconta con grande profondità uno degli avvenimenti più tristi della storia del nostro Paese, ovvero la grande alluvione del 1951 che fece moltissime vittime nella zona del Polesine. Magnificat, pubblicato nel settembre 2022 da Fazi Editore, è una storia che si snoda tra realtà e sogno, caratterizzata da una narrazione ritmica e sanguigna e da una dimensione mitica palpabile ma è anche racconto di legami con la propria terra e con la propria gente. Il romanzo è suddiviso in due parti e questo permette di comprendere al meglio il punto di vista delle ragazze e soprattutto il motivo celato dietro il comportamento anomalo di Norma. Insieme a loro un terzo personaggio, il paesaggio di cui il lettore avverte distintamente la dimensione materica: il calore polveroso dell’estate nelle campagne silenziose e il frastuono dell’acqua del Po che trascina via cose e persone.

«L’acqua ha colmato ogni spazio, ha invaso le golene, ha coperto gli alberi, sembra ammucchiarsi, formare una cupola. Non romba e non schiuma più, è una massa terrosa muta, larga come il mare. L’altra riva le appare lontanissima.»

Il fiume come divinità e il senso del sacrificio

In quella notte di tragedia Norma viene indissolubilmente legata al fiume e alla sua Signora che la rende prigioniera e allo stesso tempo affamata di vita. Il fenomeno soprannaturale si fonde con la dimensione religiosa rendendo il romanzo quasi gotico, disturbante. A straripare non sono solo gli argini del Po ma l’intera esistenza familiare delle protagoniste. Norma risponde a un richiamo atavico e per questo deve necessariamente lasciare Nilde per poterle salvare la vita, in una lotta dolorosissima con sé stessa, violenta e lacerante come l’alluvione.

«L’idea di lasciarla le spezza il cuore. Piange e lascia che le lacrime le restino sul viso. […] All’improvviso ricorda l’idea di scappare a Venezia. Immagino Nilde che sorride sorpresa verso i palazzi bianchi e rosa. Indosserebbe il cappello di paglia con il nastrino blu, un vestito azzurro come i suoi occhi. Scuote la testa. L’immagine sbiadisce. Norma toglie il fazzoletto verde dalla caviglia e lo avvicina al viso. Nilde è l’unica cosa che conta.»

Magnificat di Sonia Aggio è un esordio che lascia salorditi

Magnificat di Sonia Aggio resta un esordio incredibile anche a distanza di qualche anno; l’autrice mostra una prosa precisa capace di tenere il lettore incollato alle pagine attraverso sbalzi temporali e, nonostante il terribile resoconto, anche di regalare una nota di speranza e una possibilità di salvezza.

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