OPINIONISTA
Tra lettura e psicologia, “L’istinto di narrare”

Tra lettura e psicologia, “L’istinto di narrare”

“In che modo siamo diventati l’animale che racconta storie?”, è con questa domanda che si chiude la prefazione del libro di Jonathan Gottschall, L’istinto di narrare, testo che rappresenta un punto di incontro tra discipline umanistiche e scientifiche, in particolare tra letteratura e psicologia, per trattare il tema della lettura di opere di finzione narrativa. Il titolo che sviscereremo in questo articolo, parla di come le storie saturino le nostre vite, di come la narrazione plasmi sottilmente il nostro giudizio morale, la nostra cognizione sociale ed i nostri comportamenti. Gottschall racconta in che modo la nostra cultura e la nostra storia vengano influenzate dalla lettura di opere letterarie e dell’attitudine dell’essere umano a raccontare storie.

L'istinto di narrare, il libro di Jonathan Gottschall

Ancora oggi persiste, nella percezione comune, un grande pregiudizio sulla distanza esistente tra discipline umanistiche e scientifiche. Il libro di Jonathan Gottschall, invece, crea un punto di incontro tra le due, unendo in questo testo letteratura e psicologia. L’autore è un docente universitario di letteratura inglese, nonostante ciò, “L’istinto di narrare” è un libro colmo di citazioni di ricerche scientifiche nell’ambito psicologico e sociologico. Vengono citati in particolare due psicologi e ricercatori, Raymond Mar e Keith Oatley, che hanno dedicato i loro studi in particolare all’osservazione dell’influenza della narrazione sulle abilità socio-cognitive dell’individuo. Non mancano approfondimenti storici, neuroscientifici e sociali all’interno del testo, si parla dell’importanza della narrazione, del suo scopo, se esso esiste o meno, di ciò che rappresenta per i più giovani, di come la narrazione, in alcune situazioni, è stata capace di influenzare eventi storici di grande importanza. 

Keith Oatley
Raymond Mar

In particolare, parlando dell’influenza della narrazione sul giudizio morale, a seguito di tanti studi psicologici citati nel testo, si menziona un libro, “La capanna dello zio Tom” dell’autrice Harriet Beecher Stowe, che molti storici definiscono particolarmente significativo per il movimento abolizionista negli Stati Uniti d’America. Si parla delle storie che il cervello costruisce durante la notte, i sogni, del potere ammaliante delle storie, di come la simulazione narrativa della realtà abbia effetti reali dal punto di vista psicologico, di struttura narrativa e di quello che viene definito l’enigma della finzione. Si tratta quindi di un saggio che osserva la narrazione da diversi punti di vista, sviscerandone l’essenza ed il significato, non senza un pizzico di umorismo, permettendo ai più curiosi di scoprire perché amiamo così tanto leggere storie di altri e raccontare le nostre. 

Perché continuiamo a narrare e dedicarci alla lettura di storie?

La nostra mente è costantemente avvolta nelle storie, così come il mondo in cui viviamo, ne siamo profondamente immersi. Pensiamo ad esempio al gioco simulativo per i bambini: moltissimi bambini giocano ad inscenare storie di vita quotidiana, con tendenze solitamente drammatiche, su cui il libro di Gottschall permette di riflettere attraverso i numerosi studi citati. Oppure riflettiamo sul modo in cui solitamente raccontiamo una nostra esperienza ad un amico o conoscente, a come vengono confezionati i nostri ricordi, i nostri sogni, al fatto che nei secoli, le storie non abbiano assolutamente perso valore, ma solo cambiato medium. Da racconti narrati oralmente, alla lettura di testi scritti, fino a film, serie tv, videogiochi e giochi di ruolo. 

Ma perché le storie piacciono così tanto agli esseri umani? L’evoluzione è sostanzialmente utilitaristica, ma nonostante ciò non c’è ancora una spiegazione precisa della motivazione per cui continuiamo a narrare. Tra le ipotesi più accreditate c’è quella per cui attraverso la narrazione gli individui imparano nozioni sulla propria cultura e sulla psicologia umana, senza i costi potenzialmente pericolosi di dover acquisire determinate esperienze di prima mano. E qui viene in aiuto la ricerca scientifica nell’ambito psicologico, in particolare il lavoro dello psicologo Keith Oatley, che definisce le storie strumenti che danno l’opportunità a coloro che ne fruiscono di vivere le esperienze senza correrne i rischi della vita reale. 

Quindi, se in termini evoluzionistici, la funzione della finzione narrativa è, almeno in parte, quella di simulare problematiche di vita reali, le persone che consumano più storie dovrebbero avere maggiori competenze sociali? L’unica via per scoprirlo, è la ricerca scientifica. 

La lettura di storie come simulatozione di volo: la teoria di Mar & Oatley

Nonostante le opere di finzione rappresentino un ruolo importante nel corso della vita delle persone, per molto tempo, la narrativa in generale e la letteratura nello specifico, sono state ignorate dalla ricerca in psicologia venendo relegate ad un ruolo prettamente di intrattenimento. Ma una particolare affermazione all’interno di uno studio del 2008 di Raymond Mar e Keith Oatley ispirò altri autori ad approfondire l’ambito di ricerca. I due definirono la lettura di opere di finzione e le storie come dei “simulatori di volo per la vita sociale umana”, offrendo agli individui un’esperienza simulativa, profonda e immersiva, delle interazioni sociali. 

Gli studi dei due psicologi hanno fatto notevoli passi dal 2008 ad oggi, e moltissimi autori hanno ampliato gli argomenti da inserire in questo ambito di ricerca. Esistono studi sull’influenza della narrazione e della lettura di narrativa sul giudizio morale, sull’empatia e sulla cognizione sociale, su quale sia il genere prediletto per questa influenza e su come poter utilizzare queste scoperte scientifiche dal punto di vista sociale e individuale. 

 

Come la lettura influenza empatia e mentalizzazione

Confrontarsi con storie di finzione e con i personaggi al loro interno può essere utile nella comprensione del mondo reale e delle altre persone. Le storie si basano sui personaggi e sulle loro interazioni e comprenderle può rappresentare un’opportunità per esercitare le nostre abilità socio-cognitive. La letteratura scientifica in psicologia si è concentrata maggiormente su due di queste abilità, particolarmente influenzate dalla lettura di opere di narrativa: empatia e mentalizzazione. Dal punto di vista psicologico quando si parla di empatia ci si riferisce alla capacità di condividere gli stati emozionali di altre persone; mentre per mentalizzazione si intende l’abilità di comprendere cosa un altro individuo stia pensando o sentendo emotivamente. 

Ma perché esiste questa specifica influenza? E come funziona? Alcuni autori affermano che la struttura narrativa e la trama orientata dai personaggi, aspetti caratteristici della narrativa di finzione, abbiano un forte legame con l’uso quotidiano delle abilità socio-cognitive; inoltre l’esperienza di lettura può essere influenzata dalla misura in cui i lettori provano empatia nei confronti dei singoli personaggi. Più un lettore si immedesima e più empatia sentirà, abituando il proprio cervello ad esercitare una certa abilità attraverso la simulazione narrativa, sarà più semplici che queste capacità si ripresentino in situazioni di vita reale. 

La potenza della lettura: leggere ci rende effettivamente persone migliori?

Se prima di aver letto questo articolo vi siete mai sentiti un po’ speciali data la vostra passione per un hobby così elevato culturalmente, ossia la lettura, adesso considerate l’idea di poter esserlo davvero. La lettura ha un’effettiva influenza sulle abilità socio-cognitive individuali, ci rende più empatici, più abili nella comprensione degli stati d’animo altrui. Il consumo di storie ha questo tipo di influenza, ma non è ancora stato appurato se sia o meno proprio questo il motivo per cui la narrazione, fin dalla preistoria, pervade le vite degli esseri umani. Negli anni però, il desiderio per le storie è aumentato a dismisura, perché ci donano piacere, ci istruiscono, ci aiutano a riunirci e a conoscere mondi diversi.  “L’istinto di narrare” di Jonathan Gottschall è un vero e proprio inno alla lettura, a ciò che significa per ogni lettore dedicarsi alle storie. 

“Leggete e guardate fiction narrativa. Accrescerà la vostra empatia e vi consentirà di destreggiarvi meglio nei dilemmi dell’esistenza.” 

– Jonathan Gottschall

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