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Oppenheimer: moderno Prometeo o il solito Narciso?

Oppenheimer: moderno Prometeo o il solito Narciso?

Oppenheimer è uscito nelle sale italiane lo scorso 23 agosto, con oltre un mese di ritardo rispetto alla maggior parte dei cinema internazionali e di fatto privandoci di prendere parte al fenomeno Barbenheimer, nato appunto dalla fusione dei due film, Barbie e Oppenheimer, previsti in uscita lo stesso giorno. 

Di cosa parla Oppenheimer (se non l'aveste intuito dal titolo...)

L’ultima opera di Christopher Nolan racconta la storia di Robert J. Oppenheimer (interpretato da Cillian Murphy) e si basa sulla dettagliata biografia “Oppenheimer. Trionfo e caduta dell’inventore della bomba atomica” scritta da Kai Bird e Martin J. Sherwin (che vinse il premio Pulitzer nel 2005). La storia dello scienziato viene raccontata a partire dai suoi anni come studente, la parte centrale è ovviamente riservata agli anni della guerra e, in particolare, del Progetto Manhattan. Accanto allo scienziato, il film mira a rappresentare l’uomo a tutto tondo: l’amico, il collega, il marito, l’amante.

 

Come hanno fatto notare i critici in questi giorni, il film è estremamente fedele alla biografia e alla Storia: si è dato spazio ad un episodio quasi leggendario, l’avvelenamento della mela del professore, ma anche a fatti reali come il temporale che ha ritardato il piano di lancio. A differenza del libro, che procede in ordine cronologico, il film ha tre piani temporali. Questa scelta è infatti vincente, perché consente allo spettatore di non sentire completamente il peso delle tre ore di film. 

Oppenheimer: il contesto storico

Nolan, abbiamo detto, decide di suddividere la sua mastodontica opera in tre “filoni”. Una parte di film, infatti, racconta la storia dello scienziato dai banchi di scuola alla direzione del progetto Manhattan, mentre gli atri due piani che vi si sovrappongono descrivono due processi giudiziari. Uno è quello che vede Oppenheimer davanti ad una giuria che deve dimostrare il suo grado di vicinanza al Partito Comunista; l’altro vede lo scienziato Lewis Strauss (interpretato magistralmente da Robert Downey Jr) alle prese con la decisione del Senato di ammetterlo o meno.

 

I due periodi storici in cui il film si sviluppa sono dunque quello degli anni della Seconda Guerra Mondiale e quello del governo Eisenhower, meglio noto come “anni del maccartismo”. Sono state due epoche importantissime per gli Stati Uniti: se nel 1945 sono riusciti ad affermarsi come egemoni togliendo ufficialmente il primato al Regno Unito, gli anni di Eisenhower sono stati uno dei periodi storici più duri della tensione tra USA e Russia dovuta alla Guerra Fredda. 

Il Maccartismo in Oppenheimer

Durante il governo Eisenhower, il senatore Joseph McCarthy si occupò personalmente di dirigere una vera e propria repressione nei confronti di tutte le persone e organizzazioni che potessero sembrare affiliate con il Partito Comunista. Di fatto, in questi anni ci fu una vera e propria caccia alle streghe di cui gli americani parlano ancora troppo poco, preferendo riservare alla Russia il ruolo di oppressori della diversità di pensiero.

 

Nel film, la pesante cappa del Maccartismo viene resa sia tramite le domande petulanti ed ossessive delle commissioni durante i processi, che tramite il ruolo chiave di Jean Tatlock. Interpretata da Florence Pugh (di cui, ovviamente, si sta parlando poco, solo per le scene di sesso per cui l’attrice è stata vittima di body shaming, ma siamo sorprese?), Jean è una psichiatra legata al Partito Comunista che ha amato Oppenheimer prima che incontrasse la moglie e che – come confermato da più fonti – ha cambiato il suo modo di vedere il mondo. 

Jean nel film è rappresentata come un’amante disperata, la donna che non viene scelta perché quella giusta è un’altra. Sebbene Jean sia stata subito sessualizzata e ci si sia concentrati solo sul suo aspetto e le sue scene di sesso, è in realtà un simbolo di idee che non è possibile scegliere, che non è possibile manifestare in un contesto in cui il pensiero deve essere omogeneo. Proprio come Oppenheimer sa di non poter fare di Jean la moglie di cui ha bisogno, così sa di non poter palesare la sua idea di libertà e le sue simpatie. Può amarle solo nell’ombra e la scena in cui viene palesato questo concetto è proprio quella in cui prende la parola la moglie Kitty (Emily Blunt).

Le interpretazioni del film

Sembra quasi banale sprecarsi in commenti sulla qualità di un film di Christopher Nolan, eppure è imprescindibile. Dopo la visione di un film di tale portata, non si può non menzionare l’incredibile performance di ognuno degli attori presenti. A differenza di quanto sottolineato da molti, sebbene la recitazione di Murphy sia impeccabile, questo cast così formidabile sembra quasi metterlo in ombra. È impossibile decretare quale attore abbia fatto la performance più emozionante, perché è il film nel suo insieme a lasciare il segno: ognuno è incredibile e insostituibile, tutto funziona all’unisono come in un’orchestra.

Una menzione speciale, se proprio dev’essere data, va alle straordinarie Emily Blunt e Florence Pugh. Per quanto Nolan ogni volta si impegni per rendere marginali i suoi personaggi femminili e ridurre i loro ruoli a sprazzi di dieci battute, Kitty e Jean rubano la scena totalmente quando appaiono sullo schermo. Le tanto criticate scene di sesso non sono indelicate, ma aiutano a comprendere meglio i bisogni dei personaggi e i loro caratteri. 

La tecnica nella resa cinematografica

Per realizzare questo film, Nolan ha voluto utilizzare cineprese da 65 millimetri che risultano in una proiezione in 70 millimetri. In questo modo ha scelto di sacrificare sicuramente una grande parte del budget e ha reso più complesso il lavoro di editing, ma il risultato è una maggiore qualità di immagini e audio che si percepisce sicuramente al cinema

Aveva già sperimentato questo tipo di riprese con Interstellar e Dunkirk, due film che infatti sono spesso citati a metro di paragone quando si legge di Oppenheimer. Sebbene la filmografia di Nolan non sia troppo varia per tematiche e tecniche, questo film spicca e già in molti lo considerano il suo vero capolavoro. Oltre alle scelte relative alle riprese, da vero leader degli effetti speciali, il regista ha deciso di ricreare, senza l’aiuto di CGI, lo scoppio della bomba. La scena dell’esplosione è una scena indescrivibile e totalizzante. Regna il silenzio, la sorpresa; ma nel momento in cui trova fine l’attesa, inizia l’agonia della consapevolezza. Insieme al protagonista, lo spettatore non può fare a meno di provare davanti alla scena una soddisfazione amara. 

Julius Robert Oppenheimer: moderno Prometeo o il solito Narciso?

Nel presentare il film alla stampa, Christopher Nolan ha dichiarato di aver voluto rappresentare la storia di un uomo che aveva dato al mondo un dono importantissimo e che non era stato apprezzato in vita. Ha sottolineato di non voler imporre a nessuno il suo pensiero, ma il suo auspicio è che il pubblico si renda conto della portata dello scienziato. Non solo: il regista ha infatti dato al film un importante sottotitolo, che descrive Oppenheimer come “il moderno Prometeo”. Lo scienziato viene presentato come un eroe epico dal destino tragico, un uomo che ha lottato per migliorare il mondo e non è stato compreso… Ma è andata davvero così? 

Il mito di Prometeo è uno dei più conosciuti e proviene dalla tradizione classica greca. Titano, secondo la tradizione cugino di Zeus, prese le parti del dio durante uno scontro e lo aiutò a creare l’umanità. Secondo le leggende, Prometeo era molto vicino ad Atena, dalla quale aveva imparato conoscenze di vario genere, e volle subito trasmettere quanta più sapienza possibile agli esseri umani. Tutto questo amore per l’umanità non era condiviso dal cugino, che in seguito ad un torto subíto punì gli umani privandoli del fuoco. Prometeo, dunque, si ribella al potere e riporta agli umani la luce ed il calore. Accetta così di venire punito lui, condannato per l’eternità ad avere il ventre dilaniato ed il fegato squarciato da un’aquila.

Prometeo, ovvero “colui che pensa prima”, è simbolo di riflessione, furbizia e coraggio. La sua scelta di portare il fuoco agli uomini non gli porta nulla di positivo, ma non può non farlo perché ci tiene alla sopravvivenza e all’evoluzione della specie da lui creata. A differenza di Zeus, che vuole essere riconosciuto come un essere superiore ed essere adorato per il solo fatto di esistere, Prometeo vuole essere apprezzato come primus inter pares. Laddove Zeus è Erode, Prometeo è Artù. 

La sensazione dopo questa visione è che il paragone con questo mito sia azzardato. Oppenheimer stesso comincia la sua trattazione di quanto avvenuto dicendo che può motivare le sue scoperte e il progetto della bomba atomica solo sulla base del suo percorso di vita e di studi. C’è un Prometeo in questo film, ma non è il protagonista: è Einstein, che sa di aver dato inizio, con le sue scoperte, a qualcosa di potenzialmente dannoso e sceglie di non proseguire. Einstein mette in guardia lo scienziato sui pericoli del sapere: non solo concentrandosi sui rischi (che molti critici hanno sottolineato non essere mai stati visti così tragicamente come nel film), ma anche sulle conseguenze morali che un progetto del genere avrebbe avuto.

 

Ad Oppenheimer, alla fine della fiera, non interessava dare qualcosa di nuovo alla scienza per amore della materia – che, a onor del vero, è quasi completamente assente nel film – ma per proseguire in quella che era la sua via e sentirsi appagato lui stesso. La scelta di realizzare la bomba è egoistica prima di ogni altra cosa e, sebbene sul finale Oppenheimer stesso ne senta tutto il peso e se ne penta, tale rimane. 

Oppenheimer: un 5 stelle con riserva

In conclusione, Oppenheimer è sicuramente uno dei film più belli degli ultimi anni. Tutto è stato curato fin nei minimi dettagli e persino la sua estrema lunghezza viene resa sopportabile grazie ad un’ottima gestione dei tempi e delle azioni. Son cinque stelle, non vi scaldate, come erano cinque stelle The Imitation Game e La Teoria del Tutto. Però per i prossimi anni vorremmo un biopic triste e di tutte le ore che vi pare su qualche vita ben più interessante e di cui si parla di meno: è così utopico dire Marie Curie? Ah già, ma poi sarebbe considerato “un film per donne”, vero? Riflettiamoci e cerchiamo di fare, non proprio di meglio, diciamo qualcosa più originale. 

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