OPINIONISTA
La donna nella vecchia Hollywood: tra conturbante e censura

La donna nella vecchia Hollywood: tra conturbante e censura

Il cinema di Hollywood ha costituito per decenni un punto di riferimento per il pubblico di tutte le classi sociali del mondo, che ha intrattenuto plasmandone al contempo gli stili di vita e i comportamenti predominanti. In questo articolo sviscereremo, per quanto possibile, il suo rapporto con la figura femminile, non solo nelle vesti di personaggi, ma anche in quelle di attrici e spettatrici.

Le dive di Hollywood e lo studio system

Quando si parla di cinema di Hollywood, è opportuno considerare alcuni concetti fondamentali. In primo luogo, la nozione di cinema classico, alla quale possono essere ricondotti i film prodotti nel periodo che va dal 1917 al 1960. Nel 1918, infatti, finisce la Prima Guerra Mondiale e il cinema americano ha ormai la supremazia sul cinema europeo. Nel 1948, in parte per ragioni legali, in parte per il sopraggiungere di nuovi modelli, il cinema classico entra in crisi.

La nozione di studio system, invece, si riferisce al periodo più florido del cinema americano, sia a livello industriale che a livello espressivo. Il periodo di riferimento va dal 1929 (quando ormai Hollywood ha compiuto la duplice transizione dal muto al sonoro e dalla pellicola ortocromatica a quella pancromatica) al 1948 (quando il cinema classico comincia a entrare in crisi a causa della crescente popolarità della televisione, oltre che della cosiddetta “sentenza Paramount” ). Intrinseco allo studio system è lo star system, sistema che faceva affidamento sui divi, i quali spesso interpretavano ruoli ricorrenti.

I divi diventavano quasi doppi idealizzati di attori e attrici su cui ad Hollywood si proiettavano le fantasie e le aspettative del pubblico di massa. I primi divi sono stati per lo più attrici, in quanto incarnavano quelli che erano i temi fondamentali della nuova cultura di massa, come l’aspirazione alla bellezza ideale e la ricerca dell’amore. Queste dive erano circondate da un’aura di irraggiungibilità. Nel corso del Novecento, in risposta alla crisi del 1929, anche il fenomeno del divismo subisce importanti trasformazioni. Le sceneggiature sono più elaborate sul piano psicologico, le trame sono più verosimili e i divi cessano di essere figure irraggiungibili e venerate e diventano invece individui in cui il pubblico si può riconoscere, come la giovane compagna innamorata o la good-bad-girl di città.

Hollywood tra gli anni Trenta e gli anni Cinquanta

Il cinema di Hollywood degli anni Trenta presenta due modelli narrativi e altrettante modalità predominanti nella relazione soggetto/desiderioIl primo caratterizza il periodo che va dall’avvento del sonoro alla stagione 1933-34, mentre il secondo si manifesta negli anni successivi e sino alla fine del decennio. Possiamo infatti notare come all’inizio degli anni ’30 abbia luogo una delle sfide più significative ai valori tradizionali nella storia dell’intrattenimento di massa, sfida che a partire dal 1933 vedrà il cinema americano concentrare i propri sforzi nel riaffermare la supremazia dei valori tradizionali, all’insegna del patriottismo e dell’ordine sociale.

Questi cambiamenti investono soprattutto la rappresentazione del soggetto femminile. In questi anni, il pubblico assiste attraverso gli schermi al passaggio da una condizione della donna ancora tradizionale e subordinata al rapporto con l’altro sesso a una visione moderna che riconosce il suo ingresso nella sfera pubblica. Il cinema rappresenta una finestra fondamentale per l’affermazione e il successivo consolidamento di nuove forme di desiderio e di una nuova identità femminileSono gli anni in cui le pressioni censorie si fanno più forti. Già nel 1922 viene fondata la Motion Pictures Producers and Distributors Company, guidata da Hays, ex esponente del Partito repubblicano, il quale nel 1934 firma un codice di autoregolamentazione cinematografica. Il Codice Hays stabiliva ciò che poteva essere mostrato all’interno dei film in materia di etica, sessualità e religione.  

In questi anni le case di produzione combattono tali pressioni con film caratterizzati da un alto tasso di violenza e di allusioni sessuali. Tra la fine degli anni Trenta e la fine degli anni Cinquanta, il personaggio femminile conosce una significativa trasformazione: dalla working girl degli anni Trenta a forme più tradizionali, in cui il matrimonio è il modello di riferimento, fino ai tentativi, tipici del woman’s film degli anni Quaranta di “usurpare” ruoli e funzioni maschili.

La figura della "New Woman"

The Jazz Singer, 1927, diretto da Alan Crosland

Nel 1927 The Jazz Singer (Il cantante di jazz) di Alan Crosland segna l’avvento del sonoro. Negli anni immediatamente successivi il cinema continua a rappresentare sugli schermi le figure che avevano animato i ruggenti anni Venti ma, soprattutto, dà nuova visibilità al desiderio di autoaffermazione femminile. Nei primi decenni del Ventesimo secolo, gli Stati Uniti hanno assistito a progressivi cambiamenti ad effetto dell’industrializzazione, incluso il consumismo e il capitalismo, che stimolavano l’immigrazione e la conseguente urbanizzazione. Le classi sociali si sono evolute e con esse le tradizioni sociali.

I ruoli di genere, in precedenza rigidamente imposti, diventavano più fluidi. Le donne cominciano ad acquisire uno status nuovo grazie a rinnovate opportunità lavorative che permettono loro di allontanarsi dalla famiglia d’origine, spesso trasferendosi nei centri urbani in via di sviluppo. Si tratta soprattutto di occupazioni impiegatizie negli uffici, nei negozi e nei grandi magazzini. L’autonomia economica diventa presto anche esistenziale e sessuale.

Le “flappers

Il concetto di New Woman, emerso alla fine del XIX secolo, raggiunge il culmine proprio in questi anni, segnati da fenomeni come il movimento per il controllo delle nascite guidato da Margaret Sanger nel 1916. Sullo schermo la spettatrice vedeva con nuovi occhi luoghi, spazi e comportamenti in cui si poteva riconoscere. I film che le donne di città amavano vedere erano film in cui la New Woman era indipendente, correva in ufficio, si iscriveva al college o ai circoli sociali. L’autoaffermazione femminile poteva avvenire solo nelle grandi metropoli, lontano dalla mentalità chiusa delle piccole cittadine.

I modelli di riferimento primario ripresi da Hollywood sono rappresentati dalle flappers e dalla working girl. Le flapper ladies fumavano, bevevano e ballavano il charleston da sole sulla pista da ballo. Erano le donne della prima emancipazione, quelle che avevano scelto di comportarsi proprio all’opposto di come la morale dell’epoca imponeva loro di fare e che si muovevano con grande sicurezza in un mondo un tempo riservato agli uomini. Le flapper ladies appaiono per la prima volta sul grande schermo nel 1920 grazie al film The Flapper (Gli zaffiri di Kilm), diretto da Alan Crosland.

Le working girls, invece, si muovono principalmente nell’ambiente dell’ufficio o del negozio, dove lavorano con altre giovani donne. Una figura assai più trasgressiva è quella della show girl, comune sul grande schermo in questi anni. Le show girls erano donne giovani che grazie al loro fascino e alla loro sessualità cercavano di assicurarsi un minimo di sicurezza economica. Se per gli spettatori l’attrice sullo schermo era solo un’attrazione erotica, la spettatrice era interessata soprattutto al suo ruolo sociale. L’attrice ha così aiutato la spettatrice a entrare nella modernità.

Il cinema classico: la screwball comedy

All’interno del cinema classico hollywoodiano possiamo individuare la presenza di alcuni generi o filoni. Uno di questi prende il nome di screwball comedy, letteralmente “commedia svitata”. Inaugurata nel 1934 da Twentieth Century (Ventesimo secolo) di Howard Hawks e da It Happened One Night (Accadde una notte) di Capra, ciò che permise alla screwball di esprimersi al massimo del suo potenziale fu il passaggio dal muto al sonoroQuesto genere basa infatti la propria forza sul ritmo dei dialoghi, caratterizzati da battute brillanti e da ritmi rapidi e nervosi.

Il contesto che vede fiorire la “commedia svitata” è quello americano segnato dalla Depressione del 1929, dalla crescita incontrollata dell’urbanizzazione, dalla Seconda Guerra Mondiale e dalle istanze femministe, eventi che segnano profondamente l’industria cinematografica, tanto da portare sugli schermi, insieme ai temi classici, una profonda, ma velata, critica alla ricchezza. Sullo schermo diventano protagonisti donne ricche che si innamorano di semplici lavoratori, uomini ricchi che si innamorano di cacciatrici di dote o, ancora, ricchi in disgrazia che incontrano ereditiere (e viceversa).

 

Twentieth Century, 1934, diretto da Howard Hawks con John Barrymore e Carole Lombard.

La situazione sociale ed economica creatasi sarà superata solo con la nascita dell’economia di guerra a partire dal 1940, basata su un massiccio utilizzo del lavoro femminile in sostituzione della forza lavoro maschile inviata al fronte. Mentre sorgevano i primi movimenti femministi, le donne ebbero l’opportunità concreta di irrompere a tutti gli effetti sulla scena pubblica e nel mondo del lavoro. Il ritorno degli uomini dal fronte e il conseguente allontanamento di molte lavoratrici dalle attività industriali fecero esplodere quelle contraddizioni tra ambizioni femminili e tradizioni familiari che sono alla base della guerra tra sessi e di cui le commedie screwball offrirono la rappresentazione filmica più chiara ed esplicita.

Negli anni Cinquanta, tuttavia, la produzione delle “commedie svitate” conosce un evidente declino, causato soprattutto dal mutato contesto economico e sociale. In primo luogo, la crisi economica viene dimenticata e con essa anche la critica alla ricchezza non trova più posto sugli schermi del cinema, e i movimenti femministi nati tra la fine degli anni Cinquanta e l’inizio degli anni Sessanta ridefiniscono totalmente il tema della guerra tra i sessi. Nella screwball comedy, infatti, uomo e donna sono due persone adulte attratte reciprocamente e, in virtù di questa attrazione, spesso abbandonano il loro precedente partner, che si rivela totalmente inadeguato. Il matrimonio non ha come primo scopo quello di formare una famiglia, ma quello di soddisfare i propri impulsi sessuali.

La promiscuità intrinseca di queste commedie risolve il problema del desiderio e della sessualità e pone al centro dell’attenzione il rapporto maschile/femminile, un rapporto in cui è assente il conflitto e predomina una sostanziale parità tra i sessiRegista per eccellenza di questo genere fu Howard Hawks, che portò la sua filosofia filmica all’apice con il film Bringing Up Baby (Susanna!) del 1938, una delle sue opere in assoluto più significative. Tematica cara a Hawks nelle sue screwball comedies è l’eterna guerra dei sessi, resa attraverso situazioni ironiche e ricche di allusioni che rivelano tabù sociali, culturali e sessuali tipici dell’universo maschile e di quello femminile.

Il woman's film e la femminilità nella Hollywood classica

Il woman’s film degli anni Trenta e Quaranta mette in scena forme antitetiche della femminilità e la possibilità di un desiderio non normativo. Tuttavia, i finali sono spesso solo parzialmente emancipatori e la donna deve in parte rinunciare alle proprie aspirazioni. L’incontro tra il femminismo e i film è parte della relazione più ampia tra il femminismo e la cultura patriarcale che ha visto Hollywood come sfondo. Il movimento femminista ha spostato l’attenzione sul significato politico della cultura. 

Tuttavia, la prospettiva di genere è ancora oggi estremamente frammentaria e difficilmente identificabile, essendo anche relativamente giovane come studio. Ci auguriamo dunque che i cosiddetti woman’s studies continuino a portare alla luce nuovi aspetti del rapporto tra donne e cinema che vadano ad arricchire il discorso sulla rappresentazione di genere sul grande schermo.

Bringing Up Baby, 1938, diretto da Howard Hawks con Katharine Hepbur e Cary Grant.

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