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La maledizione della famiglia Flores

La maledizione della famiglia Flores

La maledizione della famiglia Flores, ad un primo sguardo, sembra una semplice saga familiare. Ma tra le righe si annida la tragica storia del genere femminile, angelo del focolare e mero ingranaggio, funzionale alla vita degli uomini. Scritto da Angèlica Lopes, questo volume è una recentissima uscita edita Mondadori, presente nelle librerie e sui cataloghi online dal 17 gennaio 2023. Angèlica Lopes, scrittrice, sceneggiatrice e giornalista, vede nella sua carriera di autrice molti scritti diretti ad un pubblico giovane. La maledizione della famiglia Flores è il suo esordio nella narrativa per adulti.

La narrazione si dipana come un filo da ricamo e unisce, con ghirigori e disegni, varie generazioni della stessa famiglia, concentrandosi soprattutto sulle vicende accadute negli anni ’20 del Novecento e quelle nel primo decennio del 2000, scegliendo come àncora due ragazze lontane ma vicine: Inés e Alice, divise da un secolo ma unite dallo stesso sangue. La prima, silenziosa, lotta contro una società che non le permette di dar voce alla sua sofferenza e la seconda, al contrario, dimostra pubblicamente le sue idee. Ad un secolo di distanza, entrambe lottano per la stessa cosa: il diritto di essere una donna libera.

L’autrice ambienta la storia a Bom Retiro, un piccolo paesino nella regione del Pernambuco, nel Nordest del Brasile, in cui tutto è legato all’apparenza e alle dicerie. Un microcosmo che riflette le regole della società, estremizzando e cronicizzando i dettami della realtà del tempo, soprattutto quelli relativi alla morale pubblica. Tutto nella società ha un posto, un ordine che non può e non deve essere modificato. Di fatti, la realtà estremamente circoscritta del paesino narrato in La maledizione della famiglia Flores radicalizza i ruoli di uomo-oppressore e di donna-oppressa e, quando si rischia di minacciare quest’ordine prestabilito, nella comunità esplode lo sdegno e la vittima delle lingue taglienti e delle occhiatacce affilate è sempre e comunque la donna, rea di aver osato varcare la soglia della propria gabbia dorata.

Così, il rumore del cambiamento e l’apparenza ingannatrice, hanno segnato il destino della famiglia Flores: donne colpite da una maledizione nella cui casa gli uomini non riescono a raggiungere l’età avanzata.

La maledizione di essere donna

Dietro la maledizione della famiglia Flores si nasconde in realtà la colpa di essere donne. Le quali, nonostante tutto, riescono a sopravvivere in un mondo a loro avverso, creato a misura e immagine degli uomini. La colpa delle Flores è quella di soverchiare chi in realtà dovrebbe guardarle dall’alto della fossa.

Ciò che ne consegue è che, in realtà, sebbene la casa dalle finestre blu in cui vivono le Flores, venga vista come un luogo pregno di maledizione, da evitare il più possibile, è paradossalmente il luogo più sicuro dell’intero paese perché l’uomo-oppressore non può entrare. È un angolo di paradiso in cui le donne, anche se ancora imprigionate in una gabbia color cielo, possono evitare di aver paura degli angoli bui in cui si potrebbe annidare il pericolo. Le donne Flores vengono tollerate nella comunità ma mai veramente accettate da essa, in quanto portatrici di sventura. Innamorarsi di una Flores è come firmare la propria condanna. Così, casa Flores è un piccolo angolo di mondo che non riesce a adattarsi alle regole della società e per questo non è degno di essere incluso in quest’ultima.

Allo stesso modo, il personaggio di Eugenia, quindicenne data in sposa ad un uomo violento, è l’emblema della figura della donna che cerca di abbandonare la sua condizione di vittima, rimarcando la sua presenza come essere umano con dei comportamenti che contrastano quelli approvati dalla società. Eugenia è abbastanza furba da usare l’apparenza tanto cara all’uomo come un’arma contro lo stesso. Si rinchiude nel suo mondo fatto di stoffe e, in silenzio, diventa la perfetta sposa-ombra che ogni uomo del periodo sogna di possedere.

Un nuovo linguaggio

In realtà, attraverso ago e figo, Eugenia tesse la sua nuova libertà.
In un mondo che la vuole muta, Eugenia crea un nuovo linguaggio libero dalle regole, usando ciò che la società patriarcale classifica come innocuo e tipicamente femminile: l’arte del ricamo. Usando le iniziali dei punti utilizzati per i lavori, Eugenia crea un nuovo alfabeto, silenzioso come richiede la società ma capace di far tremare, con il suo furore, il tacito ordine su cui si sviluppa la realtà, riuscendo a muovere, da dietro le quinte, i fili del suo destino.

“Fate caso ai punti, ricamati appositamente per le signore”.
[…] Dona Amélia de Queirós […] distese il velo sulla scrivania, circondata dalle sue compagne. Capì subito di cosa si trattava e indicò alle altre le lettere che riconosceva nei punti, mentre Dona Bárbara de Mendoça annotava la sequenza su un quaderno foderato con un tessuto floreale. In meno di un’ora, le signore erano al corrente della storia di Eugênia.”

Cento anni dopo, le donne hanno ritrovato la loro voce ed esprimono le loro opinioni, anche se faticano ancora ad essere ascoltate. Le parole delle donne, ancora oggi, tendono ad essere ridimensionate, considerate meno competenti, importanti o anche solo gradevoli, rispetto a quelle invece pronunciate da una controparte maschile. A un secolo di distanza, la lotta sul linguaggio è ancora attiva e brucia dello stesso ardore centenario.

“[…] decifrò subito, orgogliosa di aver già memorizzato il codice e di appartenere a quella confraternita femminile, anzi, di quella “con-sorellanza”, dato che confraternita deriva dal latino frater, fratello, e non dal suo femminile, soror, sorella. Bisognava usare le parole giuste, Alice continuava a insistere in quell’esercizio. E se per caso le parole giuste non erano quelle usuali, allora era il momento di cambiarle.
Le ricamatrici della sua famiglia erano riuscite a difendersi con le parole giuste in un’epoca in cui le donne non avevano voce. O ne avevano ancor meno di adesso […]”

Riflessione femminista di ieri e di oggi

La maledizione della famiglia Flores è un romanzo che porta a riflettere sulla condizione femminile, con uno sguardo al presente senza mai dimenticare il passato. Ci ricorda che se oggi si può fare del rumore e urlare a squarciagola le ingiustizie, lo si deve anche e soprattutto a chi, prima, ha avuto la forza anche solo di sussurrare e spezzare il silenzio complice della società.

“Nella maledizione pronunciata per rancore, la zingara non aveva mai detto che solo le donne della famiglia avrebbero sofferto, ma la maledizione era stata intesa così, pur senza essere stata pronunciata in quel modo, perché, in fondo, da quando è stata addentata una mela che non bisognava toccare, è abituale giungere alla conclusione che siano le donne a dover pagare per tutto. Alice era convinta che la storia della maledizione servisse a mostrare la necessità di avere cura delle parole. Un figlio di puttana è solo uno stronzo. Non aveva senso offendere sua madre.”

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