EMERGENTI
Il tarlo: quando la lotta di classe diventa un romanzo gotico

Il tarlo: quando la lotta di classe diventa un romanzo gotico

E se i racconti dell’orrore con protagoniste case infestate da oscure presenze si unissero alle tematiche della lotta di classe? La risposta a questa curiosa domanda ce la fornisce Il tarlo, romanzo di Layla Martinez scritto nel 2021 ed arrivato in Italia grazie alla casa editrice La nuova frontiera il 24 aprile di quest’anno. Layla Martinez, autrice spagnola, trasforma un libro che si potrebbe definire come un classico dell’horror gotico in una infestante esperienza paranormale, in cui i fantasmi danzano insieme ai viventi sulla cupa e amara musica dell’ingiustizia e della vendetta.

La trama di un'esperienza paranormale

“La famiglia è questo, un posto dove in cambio di un tetto e un piatto caldo resti intrappolata con un pugno di vivi e un altro di morti. Tutte le famiglie hanno i loro morti sotto il letto, solo che noi i nostri li vediamo.”

Due protagoniste, due donne molto diverse tra loro ma che conservano insieme un segreto inquietante. Una casa che cade a pezzi, che scricchiola e sussurra. Uno sfondo di guerra e povertà, in cui i più deboli soccombono alle prepotenze dei più ricchi: perché la vita della Spagna del dopoguerra si basa tutta sulla differenza abissale tra chi possiede denaro e chi non ne possiede. Nonna e nipote, chiuse nella loro vecchia casa, conoscono perfettamente la crudeltà di questo misero mondo in cui si ritrovano a vivere, a lui in qualche modo sottomesse e complici allo stesso tempo. Nella loro fortezza di travi mangiate dai tarli e armadi profondissimi, angeli custodi le osservano dai mobiletti della cucina e vecchi amici, ormai divenuti spettri, suggeriscono sempre che la solitudine, in realtà, non è che una percezione relativa. Quando uno strano e terribile omicidio scuote le vite del piccolo paese in cui la nostra storia è collocata, tutti i segreti rischieranno di salire a galla, proprio come si spandono le gocce d’olio sulla superfice dell’acqua per annunciare l’arrivo di una maledizione. 

Il tarlo tra ghost story e lotta di classe

ll tarlo si presenta come un romanzo del tutto originale. Dalla scrittura, particolareggiata e penetrante, alla trama, sottile e affilata, Layla Martinez costruisce un universo letterario coltissimo ma che allo stesso tempo rimane estremamente concreto e attaccato alle sue finalità. Il tarlo è riuscito a catturare la mia attenzione dalle primissime pagine, lasciandosi divorare proprio come gli animaletti di cui porta il nome divorano il legno delle fondamenta delle vecchie case. Nonostante la trama possa sembrare aleatoria, la curiosità del lettore è perennemente tenuta viva da due elementi che fanno di questo libro un piccolo capolavoro del genere: un omicidio irrisolto e una cupa suspance che pare ci farà saltare dalla sedia da un momento all’altro. Martinez riprende, infatti, gli elementi tipici del romanzo gotico e li mescola ad un’ambientazione nuova e ad importantissimi temi sociali, quali la disoccupazione, la povertà estrema, la crisi dopo la guerra, lo sfruttamento e la disparità di classe. Ad incarnare questi aspetti sono proprio le due protagoniste del romanzo, due donne provenienti da tempi assai diversi, ma che in comune hanno una maledizione chiamata “rancore”.

“Un romanzo serrato e struggente che parla di spettri, di classe, di violenza e solitudine con naturalezza, come se le streghe avessero dettato all’autrice questo incubo lucido e terribile.”
– Mariana Enríquez

Quando si parla di sentimenti legati ad un libro è sempre difficile esprimersi. Possiamo dire che un libro parla d’amore, d’avventura, di paura… ma Il tarlo fa un passo oltre. Il tarlo non è un libro che parla di rabbia: Il tarlo è un libro arrabbiato. Dalle sue pagine trasborda un senso di malessere che pervade chi le sta sfogliandolo, rendendolo talmente partecipe della storia da farlo sussultare ogni qual volta un piccolo scricchiolo casalingo invade la sua lettura notturna. Eppure Il tarlo non è un libro dell’orrore come possiamo immaginarci un qualsiasi best seller di Stephen King. Non troveremo mostri, scene sanguinolente o pagliacci assassini: ma solo un sottile strato di maligno che non se ne va, non importa quante passate di sapone ci costringiamo a lasciare sulla carta. La sensazione che ho provato mentre leggevo Il tarlo (anche se di sensazioni, in realtà, ne ho provate molteplici), è stata molto simile a quella che ho provato mentre, nel periodo autunnale, mi sono immersa nella lettura di L’incubo di Hill House di Shirley Jackson. In effetti le due opere sono facilmente sovrapponibili: in entrambe siamo catapultati in una casa spettrale, in cui albergano presenze sospette e ramificate; in entrambe troviamo protagoniste delle donne che, a modo loro, abbracciano questa oscurità, ne sono ammaliate e allo stesso tempo disgustate; infine, in entrambe troviamo uno stile di scrittura terribilmente concreto, forte, che arriva come una percossa e lascia un segno livido sulla pelle.

Un grottesco parco giochi di sofferenze

Oltre alla componente horror e alla componente thriller, Il tarlo ha come punto di forza la sua intrinseca critica sociale, che coglie quasi impreparato il lettore, poiché, da che si aspettava un libro di fantasmi, si ritroverà a leggere un libro di miseria, dove gli spettri sono gli uomini, consumati da una sofferenza guerriera. Layla Martinez ci regala un affresco di una Spagna dilaniata da una povertà che sembra più riguardare l’animo delle persone che i loro portafogli. Povertà, qui, viene intesa come pochezza di spirito, di cultura, di amore e di compassione. Neanche i bambini, le anime più pure, sono esenti dalla tragedia. Ed ogni grammo di questa sofferenza è gelosamente custodita dalla casa, abitata dalle più infime creature, che tuttavia sono anche quelle più facilmente perdonabili. In questo gioco di contrasti, dove il bene non è mai presente e dove il male non è mai assoluto, Layla Martinez si diverte come in un macabro luna park a raccontarci le disgrazie di un luogo dimenticato da Dio, dove anche gli angeli del Paradiso si rifiutano di impartire lezioni di speranza. 

Con una scrittura estremamente particolare, dove la punteggiatura viene gestita in una formula quasi futurista, Layla Martinez restituisce una narrazione degli eventi così viva da sembrare a tutti gli effetti reale. L’autrice di Il tarlo fa uso di una tecnica stilistica molto particolare, simile ad un flusso di coscienza condiviso, dove le frasi si susseguono in formule molto più vicine alla lingua parlata in strada che alla letteratura canonica. Questo aspetto iperrealista rende la lettura travolgente e fa dimenticare a chi legge di star effettivamente tenendo in mano un libro. 

Consiglio di leggere Il tarlo a tutte quelle persone in cerca di un libro che esca totalmente dagli schemi, che li sorprenda e li tormenti per i giorni a seguire dopo la fine della lettura. Il tarlo è a tutti gli effetti un piccolo capolavoro, che permette a chi lo legge di soffermarsi su riflessioni profonde, torbide e contorte. Come una spirale, l’autrice è bravissima a ricondurre tutto verso un centro che assomiglia ad un buco nero: restare con il fiato sospeso finché non ci ritroviamo nel suo oblio è talmente facile che, una volta chiuso il libro, quasi dimentichiamo come si fa a respirare.

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *