Lampi: fra anticonformismo e tradizione
Lampi (Inazuma) è un testo scritto nel 1936 da Fumiko Hayashi che ha cambiato per sempre le classificazioni dei generi letterari all’interno del Giappone. Con una scrittura fortemente realistica, l’autrice non solo offre un lascito personale ma anche storico e comunitario: difatti Hayashi si avvale di cenni biografici per poter esplorare la crudezza e le difficoltà di chi ha vissuto durante la prima metà del ‘900, facendo così emergere il sostrato sociale attraverso una dimensione di familiarità.
Benché la sua penna sia molto scorrevole e leggera, attraverso degli spaccati rurali si aprono atmosfere struggenti e crude.
La storia narrata in Lampi segue le vicende di un nucleo familiare di cinque persone: la madre Osei, il figlio Kasuke e le tre figlie Nuiko, Mitsuko e Kiyoko. Il focus che Hayashi pone è sulla figura dello shiseiji, ovvero del figlio illeggittimo, avendo dovuto portare su di sé questa etichetta stigmatizzante, la particolarità di questa famiglia di cui leggiamo le vicende è quella di essere composta unicamente da shiseiji.
Lampi: letteratura familiare dal punto di vista delle donne
Il dramma di Lampi si catalizza proprio intorno a questa problematica, non solo nella sua aura stigmatizzante per la società, ma soprattutto perché funge da disgregante per le varie sorelle e per il fratello all’interno di questa famiglia: essi non riescono a essere uniti nel loro margine, ma cercano di affondarsi l’un l’altra portando avanti l’astio. Mentre tutti i componenti vivono questa quotidianità, completamente inseriti nella dinamica tossica, l’unica a soffrirne veramente è la figlia minore, Kiyoko che sarà la donna di cui seguiremo di più le vicende.
Kiyoko ha una personalità irriverente e anticonformista agli occhi altrui, che vorrebbe sentirsi slegata dalle norme sociali, ma che comunque ne sente il peso. Kiyoko è al contempo la donna che ricerca una propria emancipazione al di là dei vincoli matrimoniali e che soffre all’idea di appartenere a un nucleo familiare di questo tipo, in cui non si è mai sentita integrata.
Il ruolo maschile
Le varie figure femminili all’interno di questa narrazione descrivono molto bene il contesto patriarcale giapponese: esse stesse – all’infuori di Kiyoko – pensano di non poter vivere se non affianco a un uomo, pur essendo consapevoli di quanto questi aggravino la loro esistenza e non siano loro sostenitori. Scorrendo le pagine si può notare quanto le figure maschili risultino quelle più inette o grette, spesso descritte con aggettivi mostruosi. Essi causano danni così importanti da mettere in discussione anche la vita altrui e sono incapaci di sfruttare la propria esistenza privilegiata: è questo il caso della situazione coniugale di Mitsuko, che rimane vedova a inizio romanzo e scopre che il marito aveva un’altra relazione e un figlio; oppure quella del fratello Kasuke, che, non essendo in grado di sfruttare la propria posizione nell’assetto patriarcale, si vede costretto a emigrare in Manciuria per tentare fortuna.
Al contrario le donne, anche in momenti di difficoltà estrema, sembrano essere consapevoli di come modificare il loro percorso di vita. Kyoko è l’unica che ci prova concretamente, esprimendo il fenomeno sociale che si stava verificando in quegli anni del tentativo di varie giovani donne di spostarsi dalle zone rurali per arrivare nelle città, non per tentare fortuna, ma per trovare un qualche lavoro umile che le possa sostentare in autonomia (es. lavorare nel settore terziario). Perché già essere libere dalle decisioni degli uomini, in questo genere di società, diviene una fortuna di per sé. Questo tentativo avviene in Kyoko perché lei non vuole sottomettersi a ulteriori etichette, ovvero quelle di moglie e di madre, pur sapendo che il futuro prossimo sarà incerto (e viene fatto intendere molto bene nelle battute finali del romanzo).
Una scrittura priva di disillusione
La scrittura di Hayashi in Lampi, seppur poetica, non si affaccia mai a una disillusione della condizione di vita dei personaggi, per quanto i suoi ideali siano romantici: gli scenari e le dinamiche rimangono sempre dure e crude, non vi è nessun richiamo a un potenziale locus amenus nipponico ed è proprio per questo motivo che il testo suscita empatia per le personalità che vediamo nelle pagine. Lampi è anche un testo fortemente esperienziale: si può percepire nelle pagine la difficoltà dei personaggi e la scomodità e decadenza dei luoghi in cui essi vivono. La pioggia batte fuori dalle case umide e noi sentiamo quanto loro il gelo penetrarci nelle ossa, sentiamo la fame e il degrado, l’impossibilità di riuscire a vivere con dignità in un contesto del genere.
Attraverso questo testo Hayashi non solo ha messo in discussione vari concetti patriarcali – pur non dichiarandosi femminista –, ma ha anche riqualificato la sua personalità in una società che tendeva a sminuirla sia perché donna, sia perché non accettando la sua attività di scrittrice come un lavoro a tutti gli effetti. Qua si giunge alla rilevanza di questo testo in un contesto come quello giapponese: i suoi libri hanno dato luogo a una riformulazione del concetto di gender, genere sessuale, e di genere, come modello letterario. Se fino a quel momento il sesso dell* scrittor* era il discrimine per catalogarlo in un determinato genere letterario, con Hayashi si tenta di farlo incontrandone però l’impossibilità. Il genere letterario a cui appartiene Lampi in particolare è definito joryu sakka, termine che nel tempo ha assunto inizialmente catalogava testi “androgini”, ovvero di autrici che volevano occuparsi della mondanità in un modo non superficiale e socialmente impegnato, per poi sfociare attualmente in quello che in occidente è la “letteratura al femminile”. A suo modo Hayashi sfrutta a suo favore la stessa etichetta, facendo notare, attraverso l’irriverenza della sua stessa persona, quanto questa in realtà non le appartenga ed è anch’esso il motivo per cui la critica esalta i suoi testi tutt’oggi.