OPINIONISTA
#SquiLibri: Bertha, Dorian Gray e il dr. Jekyll

#SquiLibri: Bertha, Dorian Gray e il dr. Jekyll

Eccoci tornate con il secondo appuntamento di #SquiLibri, la rubrica dove affrontiamo la letteratura classica analizzando situazioni, autori, autrici e i loro personaggi sotto una lente psicanalitica. Continua il nostro viaggio attraverso scritti redatti quando la scienza della psicologia e della psichiatria non era ancora quella che oggi siamo tutti abituati a considerare tale. Nello scorso articolo abbiamo affrontato la sindrome di Alice in Alice nel paese delle meraviglie, la melancolia del giovane Werther e il vampirismo di Dracula. Oggi avanziamo di un passo, affrontando alcuni dei casi letterari più famosi di sempre: Jane Eyre di Charlotte Bronte, Il ritratto di Dorian Gray di Oscar Wilde e Dottor Jekyll e Mr Hyde di Stevenson.

Jane Eyre e Bertha, la "pazza" nella soffitta

Cos’è la follia? Si sente parlare sempre di follia, ma mai della condizione psichiatrica del soggetto. Gli epiteti: “Folle” e “Pazzo” sono contraddistinti dallo stigma sociale e spesso si ignora la sintomatologia di tale condizione. Charlotte Bronte, attraverso il personaggio di Bertha Mason, ci presenta una situazione psicopatologia con tratti contro la società del tempo. Bertha, un personaggio del notissimo romanzo Jane Eyre, non riceve amore dal marito. Il suo matrimonio affonda le sue radici nelle menzogne di un uomo: il desiderio di denaro e di avere accanto a lui una donna bellissima. La vita di Bertha è stata contrassegnata dalla familiarità con la patologia e ciò implicherebbe che anche lei stessa divenga vittima della propria mente.

 

Le azioni della donna vengono definite incontrollabili, feroci e dai tratti animalesche. La reclusione in soffitta ha corrotto non solo la sua sanità mentale ma anche il suo aspetto è dismesso e trascurato. La figura di Bertha può essere interpretato in diverse chiavi, tra cui: la visione della donna vittoriana “rinchiusa” a dover badare alle faccende della casa. Un’altra chiave interpretativa è sicuramente la più vicina alla visione della stessa Jane Eyre, ovvero quella di una donna che distrugge le norme sociali e impossibilitata a legarsi a dei sentimenti contrastanti. 

 

La rappresentazione di Bertha era una descrizione dedita da manuale che la stessa Bronte consultava nella libreria di famiglia. Ma da cosa o da chi è scatenata la follia della donna? È un fattore ereditario o semplicemente la sua mente è riuscita a scivolare negli abissi della pazzia? Come possiamo definire una persona folle? In ambito psichiatrico e psicologico il termine “Follia” indica una condizione psichica che identifica una mancanza di adattamento alla società, in maniera spesso inconsapevole. Le relazioni interpersonali e le relazioni che il soggetto intraprende nella sua vita sono disfunzionali e, ciò gli/le provocherebbe ulteriore sofferenza psicologica. 

Come già accennato, il termine “follia” è contestualizzato a seconda del periodo storico in cui si vive. Il sostantivo deriva dal latino follis (trad. vuoto) nel corso dei millenni si è evidenziato grazie alla sintomatologia del soggetto. Non vi è una sintomatologia univoca per chi soffre di pazzia, è sicuramente uno dei casi più studiati in ambito psichiatrico e psicologico. Ma il paziente diviene succube del proprio intelletto. Il soggetto applica degli atteggiamenti di scissione della realtà con annesso allontanamento da essa, in aggiunta spesso a sintomi depressivi o maniacalità del potere e si ha un graduale allontanamento dagli affetti e dalla società. Una condizione di infermità che lo rende pericoloso non solo per la società ma anche per sé stesso. 

 

In ambito psicoanalitico la “follia” è una sovrapposizione della parte istintuale sulla razionale. Secondo Freud, il comportamento ordinario non è altro che un processo continuo di dialettica tra l’Es e il Super-Io. Nel momento in cui una delle due parti prevale sull’altra, il comportamento diviene disorganizzato e caotico. Nel corso dei secoli tale condizione clinica ha passato diverse oggettivizzazioni: al tempo dei romani era vista come la parola del divino attraverso il cittadino, nel Medioevo la diversità venne vista come sinonimo di paura verso il diavolo e molto spesso tali persone venivano bruciate sul rogo. Solo con l’avvento dell’800, grazie all’interessamento della medicina psichiatrica e psicologica, si ebbero i primi studi, a partire dalle lesioni cerebrali, fino alla concezione di Freud. Attualmente codesti termini sono considerati stigmatizzanti e, nella pratica medica, non vengono più utilizzati ma si prospetta una visione più empatica della patologia. Essere folle non conduce univocamente a una diagnosi, ma vi sono tanti fattori da scoprire ed analizzare. Non vi è una sintomatologia che possa condurre alla follia, ma vi saranno dei fattori predittivi che ci condurranno a una diagnosi meno stigmatizzante e meno categoriale. 

Il personaggio di Bertha è stato, nel corso degli anni, indagato da moltissime autrici e autori, che hanno cercato in lei significati, metafore, cenni storici. Insomma, quella che Charlotte Bronte ha relegato come “la pazza” del suo romanzo, per il resto del mondo ha rappresentato forse uno dei personaggi più intriganti ed enigmatici dell’intero libro. Un romanzo contemporaneo che si è affermato nel panorama letterario che ha lo scopo di riprendere la storia di Bertha, prima che questa divenisse solo un’inquietante presenza gotica in un romanzo vittoriano, è stato scritto da Jean Rhys. Il mare dei Sargassi, infatti, racconta la storia di una donna creola cresciuta nella discriminazione, a Coulibri, e poi costretta a lasciare la sua patria per l’Inghilterra, per sposare un uomo, Mr Rochester, che la priverà del suo vero nome, Antonierra, costringendola al nome di Bertha e inducendola alla follia. Rhys riprende il classico di Jane Eyre e riscrive la storia di una donna, la donna “diversa”, “aliena”, “pazza”, che solo grazie al suo sacrificio permetterà la felicità di Jane. Il romanzo, edito Adelphi, è disponibile con lo sconto del 20% che durerà per tutto il catalogo Adelphi (tranne le uscite degli ultimi sei mesi) fino al 19 febbraio. 

Dorian Gray e il narcisismo patologico

Il ritratto di Dorian Gray ricopre nella letteratura del tempo un ruolo particolare poiché viene considerato il manifesto dell’estetismo. Dorian Gray, l’unico personaggio dandy in pieno periodo vittoriano, è l’immagine del l’uomo moderno che rincorre la perfezione tanto agognata. Nessuno è indifferente allo scorrere del tempo, alla vanità dell’animo umano e alla sua fugace vita sulla terra. Dorian non accetta tutto ciò. Desidera avidamente molto di più, aspira all’eternità. Il protagonista ama solo la sua immagine e la sua bellezza viene posta al centro dell’attenzione, ciò lo conduce all’incapacità di potersi relazionare adeguatamente con gli altri. Paradossalmente a ciò che sperimenta nella sua vita, Dorian percepisce che la solitudine l’ha avvolto nella sua tela di ragno e lo dilania dall’interno. Soffocando le proprie emozioni più profonde e vere, il personaggio sfocia nell’irrealtà che è ormai frutto della sua stessa fantasia. 

Il ritratto di Dorian Gray non è soltanto un grandioso successo letterario, ma dona spunti anche per una valutazione clinica del disturbo narcisistico di personalità. Il gioco psichico è quello di mantenere l’illusione del controllo della realtà, se il corpo e il suo invecchiare non vengono accettati, il soggetto perde la realtà di sé. In questo gioco non vi è equilibrio tra corpo poiché le parti più profonde dell’essere vengono occultate dalla smania della perdizione. Ed è così che, secondo Wilde nel suo romanzo, l’arte e la vita diventano indistinguibili e legati da un coinvolgimento che rende schiavi gli uomini. Il protagonista attraversa le fasi dell’egocentrismo, dell’idealizzazione della bellezza, l’invidia distruttiva, l’incapacità d’amare e il sentimento di vuoto intorno a sé. Fino ad arrivare all’omissione della coscienza morale e alla forma più primitiva di sadismo. 

 

In ambito clinico si sono evidenziate due tipologie di narcisismo, il narcisismo cover e il narcisismo overt. L’overt è la classificazione più conosciuta poiché caratterizzato per la sua tipologia manifesta ed estremizzata davanti alla società. La sintomatologia del disturbo narcisistico di personalità è caratterizzata da: grandiosità, bisogno di ammirazione e mancanza di empatia e sensibilità verso gli altri. Nella sfera interpersonale, invece, il narcisista tende a mostrarsi emotivamente distaccato e incurante del dolore che genera nell’altro, a causa delle sue osservazioni e considerazioni sprezzanti. Nelle relazioni familiari e amicali, il narcisista può reagire intensamente con rabbia alle critiche e, al contempo, provare intensa vergogna e senso di inadeguatezza.

 

Emotivamente frammentato il narcisismo necessita della manipolazione relazionale per colmare il proprio vuoto interiore. Il narcisista non ama sé stesso, ama solo le sue parti grandiose. La sua immagine è tanto accecante e grandiosa quanto fragile, dovendo essere continuamente alimentata dall’ammirazione altrui. Così come Dorian Gray, un soggetto affetto da narcisismo patologico, si chiude nella sua bolla dorata fatta di bellezza ma anche tanta solitudine.

La doppia personalità del dr. Jekyll

Il romanzo di Steveson diviene sin fa subito la metafora della duplicità umana e della lotta tra bene e male. Jekyll è un un uomo esemplare, distinto e con una buona posizione sociale. Però, come tanti altri, reprime le pulsioni più oscure che sente nell’animo. La passione per la medicina e l’ossessione di mantenere bene e male separati lo spingono a testare una strana pozione che darà vita a Mister Hyde, cioè il suo alter ego, trasportato agli impulsi e al piacere. Le trasformazioni implicano non una scissione, ma una “necessità” di Jekyll di soddisfare quei piaceri e desideri proibiti dalla società del tempo. Stevenson anche nella descrizione fisica dei due personaggi attribuisce dei caratteri distintivi e differenti. Infatti, Jekyll ha un aspetto aggraziato, mentre Hyde è descritto come un cavernicolo, considerato sgradevole e selvaggio dalla società. 

Dottor Jekyll e Mister Hyde ci fa comprendere come questi due personaggi sono uguali e opposti allo stesso tempo. Il loro è un percorso è un’esplorazione della natura umana che giunge a una conclusione: non vi è possibilità di separare il bene dal male poiché le due dimensioni fanno parte di noi ed entrambe compongono la nostra identità. L’opera di Stevenson narra per la primissima volta in letteratura uno dei casi clinici più intriganti mai conosciuti: il disturbo dissociativo dell’identità. Nel DSM-5 il disturbo della personalità multipla viene ridefinito come disturbo dissociativo dell’identità. Spesso tale patologia viene identificata con: alterazioni improvvise o discontinuità del sé dovute a una o più identità distinte e amnesie dissociative ricorrenti. Gli individui con disturbo dissociativo dell’identità possono anche avere allucinazioni (visive, tattili, olfattive, gustative, e somatiche) spesso associate a fattori post-traumatici e dissociativi. Tale disturbo è quasi associato a una storia antecedente di trauma significativo, il più delle volte verificatosi durante la prima infanzia. La storia del Dottor Jekyll e di Mister Hyde esplora le conseguenze della separazione della personalità umana, mette in luce un vero e proprio sdoppiamento della personalità: entrambi sono la stessa persona. I desideri e gli impulsi di entrambi risiedono nello stesso individuo e, quando vengono separati non vi è niente di buono.

#SquiLibri: una rubrica su letteratura e psicologia

Quelli di Bertha, Dorian e il dottor Jekyll sono solo tre casi di personaggi che rispecchiano delle malattie psicologiche realmente esistenti, ma la letteratura classica nasconde centinaia di esempi simili. La rubrica #SquiLibri cercherà di indagare i più interessanti, le malattie che hanno afflitto scrittori, scrittrici e, di conseguenza, i loro personaggi che ancora oggi amiamo leggere. Si tratta spesso di profili talmente torbidi ed affascinanti da lasciarci senza fiato! Vi consiglio, quindi, di iscrivervi alla nostra News Letter per non perdere gli aggiornamenti della rubrica e si seguirci su Instagram per contenuti extra e piccoli focus sul tema. Di quali romanzi vi piacerebbe sentir parlare nella prossima puntata di #SquiLibri? Faccelo sapere con un commento!

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