OPINIONISTA
Il cavaliere senza testa

Il cavaliere senza testa

Quello che oggi è conosciuto come il cavaliere senza testa affonda le sue radici nella figura del Dullahan, essere soprannaturale proprio del folklore irlandese.

Alcune versioni affermano sia l’incarnazione di Crom Dubh, un dio celtico della fertilità, in onore del quale si perpetravano sacrifici di sangue, la cui particolarità consisteva nella morte della vittima, immolata tramite la decapitazione. La sua adorazione terminò con l’arrivo del cristianesimo in Irlanda. Si racconta che il dio, frustrato per la perdita dei suoi seguaci, vaghi ancora per le strade, chiamando i nomi di coloro che sono destinati a morire e trasportando la propria testa sottobraccio.

Le varie storie sono nettamente in contrasto tra di loro ma il filo che le lega tutte sta nel rifiuto, da parte del cavaliere, della propria morte. Di fatti, delle versioni riconducono il suo vagabondare alla perdita della propria testa, mentre altre storie suggeriscono che abbia già la testa e che sia così amareggiato per la propria morte da cercare altre anime da portare con sé nell’aldilà.

Ciò che però sembra unire questo coro informe di voci, è la descrizione stessa dello spettro, comunemente raffigurato mentre cavalca sul dorso di un cavallo nero, anche lui senza testa, o guida una carrozza nera trainata da cavalli neri. La sua figura è descritta con il viso in decomposizione e in alcune versioni della leggenda ritroviamo riferimenti specifici alla consistenza della sua carne, paragonata al formaggio ammuffito. La bocca è segnata da un sorriso terrificante dovuto alla gioia che prova nel mietere le vite altrui e i suoi occhi, illuminati da un fuoco malvagio sfrecciano avanti e indietro, costantemente alla ricerca di nuove vittime.

Il cavaliere senza testa nei racconti irlandesi

La figura del Dullahan è presente anche nel Fairy and Folk Tales of the Irish Peasantry a cura di WB Yeats:

Un presagio che a volte accompagna la banshee è il coach-a-bower – un’immensa carrozza nera, montata su una bara, e trainata da cavalli senza testa guidati da un Dullahan. Arriverà […] alla tua porta e se la apri […] ti verrà gettata in faccia una bacinella di sangue.”

La bacinella di sangue: un vero e proprio presagio di morte. Un’altra punizione che il cavaliere riserva a coloro che intralciano il suo cammino è l’utilizzo della frusta, formata da una colonna vertebrale umana, anch’essa estremamente mortale.

La cavalcata infernale del Dullahan ha come meta quella di identificare la nuova vittima e, una volta che il Dullahan pronuncia il suo nome, l’anima di quella persona è chiamata a morte e non c’è modo di liberarsi della maledizione. Si dice che l’unica cosa in grado di spaventarlo sia il metallo prezioso che, se lanciato a terra davanti a lui può far fermare la sua avanzata.

Dal folklore alla letteratura: la leggenda di Sleepy Hollow di Washington Irving

La rappresentazione più conosciuta della figura di Dullahan è quella del cavaliere senza testa presente nella Leggenda di Sleepy Hollow di Washington Irving, cittadino americano con genitori inglesi e quindi conoscitore delle leggende del territorio inglese.

Il racconto di Irving è ambientato a Tarry Town, che dista poche miglia da un piccolo villaggio chiamato “Sleepy Hollow”, dove tutti gli abitanti – e in effetti chiunque soggiorni nel villaggio per un periodo di tempo – sono inclini ad avere visioni e vedere fantasmi.
I cittadini amano raccogliere e raccontare storie soprannaturali e una delle loro preferite è quella del cavaliere senza testa, un vecchio soldato dell’Assia, a cui avevano fatto saltare la testa durante la guerra d’indipendenza americana, e che ogni notte va al galoppo in cerca del suo cranio perduto.

“Lo spirito che più di tutti tormenta questa regione incantata […] è il fantasma di un cavaliere con il capo mozzato. Si dice sia lo spettro di un soldato della cavalleria assiana, che finì decapitato da una palla di cannone durante una delle tante battaglie della guerra di indipendenza, e che i contadini vedono spesso galoppare a spron battuto nel buio della notte come trasportato sulle ali del vento. Pare, inoltre, che non si limiti ad apparire solo nella valle, ma che si spinga talvolta anche alle strade vicine e, in particolare, presso una chiesa poco lontana da lì. Alcuni dei più attendibili storici di queste regioni […] precisano che il corpo del soldato è sepolto nel cimitero della chiesa, e sostengono che il suo fantasma attraversi a cavallo il campo di battaglia ogni notte in cerca della propria testa.”

È particolarmente interessante notare come le radici celtiche di questo racconto vengano filtrate attraverso la storia americana.
Nonostante tutto, però, la leggenda arriva da lontano e per questo Irving sceglie di rivendicare un espediente narrativo già reso celebre, secoli prima, da autori come Alessandro Manzoni: il ricorso al manoscritto ritrovato.

Così come Manzoni racconta la storia di Renzo e Lucia dicendo di averla scovata in un manoscritto anonimo, qui Irving racconta come La leggenda di Sleepy Hollow sia stato trovato tra le carte di un certo Knickerbocker. Questa cornice storica è però ricca di sfumature: sebbene Knickerbocker venga definito uno “storico”, ci sono parti della storia che egli non conosce e il lettore scopre, durante il corso della narrazione, che la storia di Knickerbocker è una cornice per la storia di un altro narratore, che appare nel poscritto e che ammette di non credere nemmeno a metà di questa storia, riferendosi al suo stesso racconto, fondendo e confondendo storia e finzione.

Anche all’interno del racconto il confine tra leggenda e realtà è incredibilmente labile e trova la sua maggior esplicazione nella figura di Ichabod Crane, il protagonista.
L’uomo adora ascoltare le storie degli abitanti del villaggio su spiriti terrificanti e fantasmi ossessionanti ma non è in grado di accettare le storie solo come storie; anzi, accetta l’intrusione di questi racconti nella propria realtà. È qui che il lettore si ritrova a navigare in acque sconosciute, chiedendosi dove finisca la realtà e inizi la leggenda.

Immettendo in questo contesto la figura del cavaliere senza testa, si nota sin da subito che porta con sé un simbolismo abbastanza evidente. Di fatti, il cavaliere – e, soprattutto, la sua testa – simboleggiano la tensione tra la realtà e l’immaginazione e l’incapacità di Ichabod di separare finzione e verità. In effetti, il cavaliere perde la testa proprio come Ichabod, il quale, metaforicamente, perde la sua ogni volta che torna a casa spaventato dalle storie di fantasmi olandesi. 

Dalla letteratura al cinema: il mistero di Sleepy Hollow di Tim Burton

Nel 1999, Tim Burton rielabora quella che è la storia di Irving e la leggenda celtica, creando un prodotto che riprende le caratteristiche essenziali delle narrazioni principali e aggiungendo l’elemento magico, presente non solo nella figura del cavaliere ma anche in altri personaggi della pellicola, la quale è disponibile su Netflix.
Il cavaliere nell’adattamento burtoniano perde la sua libertà e diventa quasi un golem di carne, costretto a seguire gli ordini del suo padrone fino a quando questi, soddisfatto del suo spettrale operato, gli riconsegnerà la testa trafugata. Così il cavaliere potrà finalmente conquistare il sonno eterno.

Ichabod Crane, interpretato da Johnny Depp, presenta la stessa predisposizione alla fantasticheria propria dell’Ichabod di Irving e, in entrambi i casi, questo sfocia in atti di codardia.
La differenza principale, però, è la scelta di Burton di dare dignità a questo personaggio, portandolo ad affrontare i propri dilemmi interiori e ad uscirne vincitore.
Burton, introducendo l’elemento della magia nera, non fa altro che riallineare in un unico terreno la leggenda e il reale, saldando quella frattura che Irving aveva creato nel suo romanzo.

Ichabod non è più diviso tra la volontà di credere e la consapevolezza dell’assurdità della leggenda del cavaliere senza testa. Essendo immerso in un’epoca in cui la magia era temuta e considerata reale, scoprire che il cavaliere è sotto l’influsso di un essere umano malefico paradossalmente rende più accettabile la sua esistenza.

Il cavaliere senza testa nel mondo nipponico

Dagli anni ’80 in poi, la figura del cavaliere senza testa torna in auge grazie alla sua presenza in prodotti pensati per il grande pubblico. La leggenda celtica si estende fino ad arrivare in Giappone, dove il cavaliere diventa spesso l’antagonista da sconfiggere.
Di fatti, Dullahan diventa un nome comune per i guerrieri senza testa presenti in alcuni videogiochi giapponesi. Il cavaliere è presente in giochi globalmente conosciuti, come la serie di Dark Souls, in cui il personaggio di Vengarl ha dei rimandi abbastanza consistenti alla figura del Dullahan.

Per quanto riguarda il piccolo schermo, invece, in territorio nipponico il cavaliere senza testa è apparso anche nell’anime Yu-Gi-Oh!, in particolare nella carta “Dullahan Fantasmatrucco”.
Più recentemente, figura anche in Durarara!, light novel e anime, in cui vi si ritrova un Dullahan di nome Celty Sturluson come personaggio principale. Non bisogna dimenticare anche la light novel Konosuba’, dove uno dei Generali del Re Demone è un Dullahan di nome VerdiaInfine, in Overlord, sia nella light novel che nell’anime, è presente un Dullahan di nome Yuri Alpha.

 

Comunque la si intenda, la figura del cavaliere senza testa è ormai condannata a vagare in eterno non solo sulla Terra ma anche nell’immaginario comune; trasformandosi in continuazione, ispirando nuovi personaggi e riuscendo, anche dopo centinaia di anni, ad intrigare lo spettatore, con la sua anima maledetta e misteriosa.

E tu, sei intrigat* da questa figura? Conosci altri riferimenti al cavaliere senza testa?
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