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The Diviners, uno YA tra occulto e charleston

The Diviners, uno YA tra occulto e charleston

È il 2012 quando l’autrice statunitense Libba Bray fa uscire nelle librerie il primo capitolo della saga The Diviners, in cui fantasy, horror e thriller si mescolano alla perfezione, sullo sfondo di una New York degli anni ’20 tormentata dal proibizionismo. In Italia è stato tradotto, per ora, solo il volume iniziale della serie, con il titolo di La stella nera di New York, il quale è finalmente tornato nelle librerie italiane in una nuova veste. Oscar Vault ha infatti ristampato il romanzo, lasciandolo con il titolo originale, presentandolo a noi lettori e lettrici con una nuova traduzione e un’elegantissima copertina. Apprezzato da Pubblico e Critica, il romanzo si è affermato come uno dei più convincenti del 2012 nel mondo della narrativa young adult e new adult.

Tra Il grande Gatsby e un penny dreadful

Evangeline “Evie” O’Neil è una diciassettenne originaria dell’Ohio, con brillanti occhi azzurri ed un misterioso potere che le scorre nelle vene: è in grado di leggere gli oggetti, rivelando i segreti più intimi dei loro proprietari. Odia il chiuso e bigotto paesino in cui vive, i suoi genitori (amorevoli come un blocco di pietra) e la noiosa quotidianità che la circonda. I suoi coetanei sembrano vivere le loro scialbe vite come se niente fosse, ma Evie avverte il cambiamento: la musica jazz che irrompe nelle sale da ballo delle metropoli; le maschiette, con i loro tagli di capelli alla moda e la sigaretta in bocca, che accalcano i teatri e i club notturni; l’America che si risveglia da una guerra, pronta a brillare di nuovo. Con una voglia matta di fuggire, Evie riceve un drammatico bacio dal Fato, che le mette in tasca un biglietto del treno: destinazione New York City.

 

Ad accoglierla nella Grande Mela c’è suo zio Will, un professore che gestisce il Museo Americano del Folklore, delle Superstizioni e dell’Occulto. Presentatoci come un uomo freddo e misterioso, Will lascerà via libera all’esuberanza di Evie, intenzionata a prendere a morsi la città. Ma un evento scuote le pagine di cronaca dei giornali: un inquietante omicidio che sembra avere a che fare con il mondo dell’esoterismo. Ben presto, Will, Evie e Jericho, aiutante del professore, si ritroveranno intrappolati nella trama di una terrificante ragnatela, tesa dalle scheletriche mani di una presenza oscura. La loro unica guida sarà l’agghiacciante profezia nascosta tra le pagine di un vecchio libro appartenente ad una cieca e morente setta religiosa. Riuscirà Evie a districare ogni filo per risolvere il caso? Lo scoprirete solo leggendo!

The Diviners, un'ambientazione che non è sola estetica

Libba Bray ci conferma, sin dai primi capitoli di The Diviners, di essere una narratrice atmosferica e attenta a farci calare con incredibile fedeltà nell’ambientazione del suo romanzo. L’elemento più convincente del libro, infatti, è proprio l’accurato studio dell’epoca storica, che ci permette, tramite evocative descrizioni, di addentrarci nella realtà vissuta da Evie, una protagonista che è l’emblema della modernità e del Sogno Americano.

Bray costruisce una trama ricca di elementi tipici del realismo magico (come bizzarri senza tetto capaci di udire i passi della Morte, bambini prodigio assaliti da visioni premonitrici, spettrali presenze che infestano i cimiteri, santoni terrificanti con in mente l’arrivo dell’Apocalisse), legati insieme dalle tangibili dimensioni estrapolate da uno dei periodi più suggestivi della Storia.

 

Accanto alla capacità di far addentrare il lettore nell’ambientazione scelta, l’autrice porta a compimento una trama ben costruita, con elementi che gli amanti del genere potrebbero aver già incontrato in opere precedenti, ma venduti in maniera entusiasmante ed originale, grazie allo stile maturo e contemporaneo di cui il romanzo è pregno. Pregno lo è anche di considerazioni amaramente esatte sulla società americana: la scrittrice si riserva, tra i capitoli fondamentali allo sviluppo della trama, degli spazi per raccontare liberamente le controversie legate agli Stati Uniti del secondo dopoguerra. Accuratamente trattati, come note a margine che contribuiscono alla ricchezza espositiva del romanzo, sono i temi del razzismo, del movimento socialista, della conclusione della guerra, dello spietato mondo dello spettacolo, della società maschilista. 

 

Libba Bray si dimostra un’attenta conoscitrice di questi aspetti, portandoli su carta con una schietta impersonalità, lasciando che sia sempre il punto di vista del personaggio raccontato a mostrarci tali scorci, diventando così egli stesso narratore della propria storia. L’autrice di The Diviners non è mai invadente ma, concluso il libro, il lettore può ripercorrere i suoi indizi, che ci fanno entrare nella sua visione personale e generale della trama. Ho trovato in queste note a margine il reale significato del libro, che, in tal senso, si lascia leggere con poliedricità.

Uno stile che attraversa i generi

Poliedrico lo è di certo, perché accanto alla critica sociale e ad un mistero da risolvere, troviamo in The Diviners capitoli pienamente appartenenti al genere horror. Rendere spaventosi degli isolati avvenimenti scritti in chiave horror all’interno di un romanzo che contiene anche tanto umorismo e avventura è complicato: si rischia di ottenere un’immersione più superficiale da parte del lettore. Costruire un ponte così breve tra generi tanto distanti è azzardato, perché lo spirito con cui si sta leggendo vacilla tra la leggerezza e la tensione, ma Libba Bray non si lascia di certo intimorire. Oltrepassiamo così un ponte più che solido, capace di farci saltare in continuazione da genere a genere, da sensazione a sensazione. 

 

Le parti più tese non perdono di efficacia, i passi più spensierati non ricevono meno sorrisi e i capitoli più agghiaccianti assicurano un brivido di paura sulla pelle. The Diviners esce così saturo di sensazioni, umori, sfumature, evitando la piattezza, il monotono e l’unilateralità. L’elemento fantastico è condito con un equilibrato tocco di horror classico, che rimanda quasi ai racconti del terrore che in epoca Vittoriana si trovavano nei penny dreadful ai margini dei quotidiani: case abbandonate, leggende su fantasmi e demoni, racconti metropolitani su strane presenza che si aggirano sulle sponde dell’Hudson a mezzanotte. Bray ci fa assaporare, tramite una scrittura contemporanea, i nostalgici trucchi della prosa orrorifica primo-novecentesca.

The Diviners potrebbe piacere a chi...

Consiglio The Diviners a chi cerca una storia avvincente, che non teme di annoiare con considerazioni socio-culturali, capitoli che si distaccano dalla trama per fornirci un quadro più ampio della realtà in cui siamo catapultati; a chi cerca le atmosfere del realismo magico, legate all’occulto e all’esoterico; a chi manca quel sapore un po’ vintage nell’horror contemporaneo, leggero abbastanza da non farti venire gli incubi la notte, incisivo al punto giusto per provocare un brivido. È un libro apprezzabile anche per chi è più protratto verso il thriller e il giallo, poiché di elementi che lasciano con il fiato sospeso è pieno. Il target non è assolutamente limitante: il romanzo si apprezza, per aspetti differenti, a tutte le età.

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