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La poetica di Murakami: dentro un sogno, per metà

La poetica di Murakami: dentro un sogno, per metà

Haruki Murakami è nato a Kyoto il 12 gennaio 1949, e dalla pubblicazione del suo primo romanzo a trent’anni, non ha più messo giù la penna. Esposto fin da giovanissimo alla letteratura, prima solo giapponese, dalle scuole superiori anche a quella straniera, Murakami frequenta non assiduamente l’università durante gli anni delle rivolte studentesche, a cui non prende mai parte. Grande appassionato di musica, nel 1974 apre un locale con la moglie: di giorno caffetteria, di notte jazz bar. Luogo di incontro delle due enormi passioni di Haruki, la letteratura e la musica, il locale è ciò che permette a Murakami di concentrarsi sulle sue prime pubblicazioni. Dopo sei anni di attività il locale viene venduto, ma non abbandonato: si ritroverà spesso nelle sue storie, un luogo di ritorno, un sottofondo musicale continuo, uno dei fils rouges della sua letteratura.

Scrive a Roma Norwegian Wood nel 1987, il suo primo caso letterario, e da quel momento iniziano ad arrivare i riconoscimenti nella forma di premi letterari, giapponesi prima e internazionali poi, e contratti di ricerca con le università americane. Scrittore, traduttore, appassionato di musica e cinema, all’età di settantacinque anni continua a scrivere: l’Occidente è ancora in attesa di una traduzione del suo ultimo romanzo, pubblicato in Giappone nel primo semestre del 2023, dal titolo La città e le sue incerte mura

Le influenze e il genere: Murakami come simbolo del realismo magico giapponese

Fino a quando non ho incontrato Raymond Carver, non c’era mai stata una persona che, come scrittore, potessi considerare il mio mentore. Raymond Carver è stato senza dubbio l’insegnante più prezioso che abbia mai avuto e anche il mio migliore amico letterario.

Questa è una dichiarazione di Murakami in merito a Raymond Carver, di cui è il traduttore giapponese, e che considera uno dei propri mentori letterari. Haruki prende in prestito elementi da Shakespeare e dai grandi russi, come Dostoevskij e Cechov, e si lascia influenzare dai classici occidentali di luoghi e epoche diverse, da Francis Scott Fitzgerald a Honoré de Balzac, passando per Gabriel Garcia Marquez, arrivando a J. D. Salinger. Quella di Haruki Murakami è una scrittura che affonda le radici nella sua terra natia, ma dalla quale traspare il suo aver girovagato per anni, cambiando casa e continente frequentemente, e la voracità incredibile nell’esplorazione di altri generi e libri.

Una tra tutte le fonti di ispirazione si distingue, Franz Kafka. Con Kafka approda nel realismo magico, genere entro cui tutta la produzione di Murakami può essere ricondotta. Mondi dove la realtà viene distorta temporalmente, dove l’effetto arriva prima della causa. Elementi di sovrannaturale che non vengono spiegati al lettore, sono presentati come dogmi, e solo attraverso le
difficoltà dei protagonisti, spesso in viaggi esistenziali e di scoperta interiori, vengono vagamente chiariti. Non tutto è fatto per essere spiegato, il lettore non è accompagnato per mano in nessuno degli elementi che caratterizzano la storia. Conoscere il folklore, in questo caso giapponese, può aiutare, ma non sempre è la corretta chiave di interpretazione. Siamo compagni di strada del
protagonista: non siamo costretti a condividerne crescita e punto di vista, ma ad esserne spettatori mentre elaboriamo il nostro parallelo viaggio, troppo impegnati a guardarci intorno per vedere dove il prossimo passo ci farà arrivare, o meglio, cadere.

Le tematiche di Murakami: sogno, realtà, controversie

Murakami è considerato, per diversi motivi, uno scrittore incredibilmente controverso. Da sempre filo-occidentale, ha più volte dichiarato come trovi la cultura giapponese, e in particolare la sua letteratura, limitante, piatta. Critiche non apprezzate da un popolo notoriamente nazionalista, e che fanno apparire lo stesso Murakami come un predicatore che non ascolta il proprio vangelo. I suoi racconti e romanzi sono infatti pregni di riferimenti al folklore, alla cultura e alla vita, moderna e passata, del Giappone. Un rapporto di amore e odio tra scrittore e proprie origini, in parte derivante dal rapporto con il padre, professore di letteratura, che in più interviste e anche tramite i propri personaggi si trova ad affrontare. Quest’ultimo aspetto ci dà modo di comprendere una componente molto importante della sua produzione: gli onnipresenti elementi autobiografici. I protagonisti delle opere più celebri sono giovani uomini, che possono essere ricondotti alle diverse fasi della vita di Murakami, di cui condividono le passioni, i lavori, le credenze. Inconsciamente o meno, si è raccontato nei suoi romanzi, dove l’elemento onirico spesso maschera un’introspezione psicologica.

Il tema della crescita personale e della psicologia sono estremamente ricorrenti, e non sempre arrivano a una conclusione soddisfacente. Le storie sono finestre nella vita dei personaggi, e il lettore si affaccia solo su un certo punto: potremmo trovare un protagonista al termine della scoperta del proprio sé, o un personaggio immaturo che si sta appena rendendo conto del lavoro necessario sul proprio Io. Il non offrire una storia completa è parte sia dell’elemento realistico (non è mai possibile conoscere l’Io di un’altra persona, vista già la difficoltà nel scoprire il proprio), sia di quello magico, l’elemento di mistero che avvolge il tutto, insieme ai personaggi di leggende e distorsioni di vita tipiche del Matrix.

In Murakami è possibile ritrovare l’idealizzazione della quotidianità. Molte pagine sono dedicate al descrivere minuziosamente la preparazione di un pasto semplice, di una passeggiata verso il supermercato, le routine del risveglio e del lavoro dei personaggi del libro. La ricezione di ciò dipende, però, esclusivamente dal lettore. Può sembrare una visione clinica della vita, dove ogni singolo elemento viene analizzato sotto la lente di un microscopio, o, come per un film Ghibli, vi si può leggere una romanticizzazione del quotidiano.

In Occidente i motivi per cui l’autore suscita controversie sono altri, e quello più divisivo riguarda le donne di Murakami. La figura femminile è sempre, senza eccezione alcuna, incredibilmente sessualizzata. È una donna oggetto, anche quando protagonista. Una donna angelo, nell’intenzione dell’autore, una Beatrice da ammirare da lontano. “Tanto gentile e onesta pare”, ma una volta che la si spoglia, torna ad essere quello che è sempre trasparso: un oggetto del piacere maschile. Le scene di sesso, anche esse presentate in tutti i loro clinici dettagli, sono mostruosamente e apologeticamente tali. Un forte elemento di rottura con l’atmosfera da sogno del romanzo.

La vasta produzione: da dove cominciare?

Da lettrice che ha consumato ogni singola parola pubblicata da Murakami, ho iniziato anche io con le due letture classiche: Kafka sulla Spiaggia e Norwegian Wood. Oltre ad essere entrambe pubblicazioni pluri-premiate, casi editoriali al momento della loro uscita, sono anche due letture relativamente brevi, rispetto ad altri suoi romanzi, e particolarmente filo-occidentali. Un ottimo punto di inizio per coloro che non hanno idea di che cosa aspettarsi, e che hanno bisogno di calarsi nel genere con letture non troppo impegnative. Tornassi indietro, non ricomincerei dalle stesse. Se dovessi consigliare un romanzo dei più brevi con cui immediatamente calarsi nel pieno Murakami, sarebbe Nel segno della pecora. La poetica onirica prende quasi il sopravvento sugli elementi
realistici, con un magnetismo che fa sfogliare le pagine senza possibilità di abbandonare la lettura. Per chi non teme i mattoni, invece, L’uccello che girava le viti del mondo è la lettura consigliata. Qui Murakami addirittura maschera gli elementi onirici da realismo storico, prendendo in prestito ciò che Dan Brown fa in ogni singolo romanzo, confondere il lettore su cosa sia vero e cosa
finzione letteraria, fino a farti perdere il senso dell’orientamento nelle pagine di un suo romanzo.

Non consiglio di leggere L’assassinio del Commendatore prima di aver terminato le tre parti di 1Q84, che considero l’espressione massima di ciò che realismo magico vuol dire per Murakami — o forse sì, così da essere travolti in pieno dai suoi personaggi. Da ovunque si decida di cominciare, lasciate indietro il vostro scetticismo, accettate i dogmi, fate un salto di fede. Murakami potrà non piacervi, ma sicuramente non potrà non affascinarvi.

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