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Dark Academia e dove trovarlo: La nona casa di Leigh Bardugo

Dark Academia e dove trovarlo: La nona casa di Leigh Bardugo

Leigh Bardugo è un nome che avrà certamente solleticato le vostre orecchie se siete più o meno soliti bazzicare sul bookstagram o sul booktok. Autrice di Young Adult dal 2012, Bardugo ha fatto scacco matto con la sua prima saga Tenebre e Ossa (composta da Tenebre e Ossa, Assedio e Tempesta, Rovina e Ascesa), ora anche fortunata serie TV prodotta da Netflix. Ha continuato a deliziare le letture del pubblico adolescente (e non solo) con la duologia di Sei di Corvi (composta da Sei di Corvi e Il regno corrotto), uscita nel 2015, per poi proseguire il suo viaggio narrativo nel Grishaverse fino alla pubblicazione, nel 2022, della sua ultima saga legata all’universo magico delle suddette saghe: la duologia di Nikolai, composta da Il re delle cicatrici e La legge dei lupi. Cavalcando l’onda del successo, Leigh Bardugo non si è fatta sfuggire l’occasione per esplorare nuovi metodi narrativi e nuovi universi magici. È con questa premessa che nasce, nel 2019, La nona casa, romanzo New Adult (che, perciò, comprende tematiche più vicine ad un target adulto) che tornerà a brevissimo con il suo sequel, annunciato con

 il titolo originale di Hell Bent.

 

La nona casa “non è come le altre ragazze”

Alex Stern è la protagonista della nostra storia. Nata nei sobborghi di Los Angeles, Alex trascorre un’infanzia molto difficile e priva di qualsiasi agio, per poi finire in ospedale al seguito di un misterioso incidente. Ancora ricoverata, Alex riceve una visita da parte di un uomo a lei sconosciuto, il quale le offre un cambiamento. La possibilità di volare lontano da Los Angeles e di lasciarsi alle spalle la sua vecchia vita. Dopo aver accettato, la ragazza si ritroverà immischiata in un mondo totalmente nuovo, composto egualmente da normalità e follia: l’università di Yale, le compagne di stanza, le feste del campus; un’insieme di società segrete, rituali legati al mondo dell’occulto ed un omicidio da risolvere.

Posso confermare che la scrittura di Leigh Bardugo non mi ha mai delusa, anzi, mi ha sempre dato motivo di approfondirla e di sentirla profondamente mia. Il punto forte dei romanzi dell’autrice è la sua capacità di creare personaggi talmente sfaccettati, talmente complessi ed intriganti, da non lasciare via di scampo a noi lettori: impossibile non affezionarvici, impossibile che ci lascino indifferenti. L’esperienza di coinvolgimento l’abbiamo vissuta a pieno nella duologia di Sei di Corvi, dove Bardugo supera se stessa nella costruzione di un carrello di personaggi che bucano la pagina, ognuno padrone di una sua voce, la quale viene snocciolata nei vari capitoli, rendendo l’esperienza di lettura estremamente tridimensionale. Il lavoro fatto con Alex Stern non è da meno.

Quante volte, prendendo in mano un libro fantasy o un qualsiasi romanzo di genere, ci ritroviamo a leggere di protagonisti e protagoniste piatti, che non ci dicono nulla di nuovo, che piombano in un oscuro secondo piano rispetto alla trama? Quante volte ci è difficile comprendere fino in fondo le decisioni di un personaggio, i motivi per cui agisce, finendo per stancarci delle sue imprese, quasi sempre compiute senza un reale approfondimento del “perché”? Se anche voi siete incappati in certe spiacevoli situazioni, tirerete un sospiro di sollievo nel leggere questo romanzo. È naturale per chi conosce l’opera di Leigh Bardugo, mettere in conto che trama e sviluppo del protagonista sono elementi che scorrono su binari egualitari. La vicenda ci tiene legati alla pagina, ma sono i personaggi che la vivono a tenere ben salda la fune.

Elemento caratterizzante dei figli di questi romanzi è un personalissimo “viaggio dell’eroe”, che non si combatte solo nel mondo esterno, ma soprattutto nell’animo della persona. Il superamento del trauma, l’accettazione di una condizione difficile, lo svisceramento psicologico del sé sono i tratti fisionomici di ogni protagonista che l’autrice ci propone, mai bidimensionale, mai “solo una pedina”, ma sempre lo scacco matto dell’intera storia.

 

My Dark Academia dream

Un secondo aspetto vincente di La nona casa sono le sue ambientazioni profondamente cupe, ma che conservano in loro una certa luminosità, un brio che non le rende deprimenti, ma scattanti: che ci sprona ad immergerci in quelle acque buie. Il contesto di Yale è familiare all’autrice, essendosi laureata proprio lì. Le società segrete di Yale esistono davvero e nel romanzo vengono trasformate in qualcosa di sovrannaturale, dominate, tuttavia, da una crudissima realtà: la loro gestione è in mano a ricchi e potenti, ai figli della facoltosa borghesia americana a cui piace giocare con ciò che non conoscono, a cui non importa delle conseguenze. Questo dettaglio fondante ci regala il reale motivo per cui è bene definire La nona casa come romanzo “dark academia”, termine con il tempo divenuto una vuota etichetta estetica ma che affonda le sue radici in un’impronta di lotta di classe. La nona casa è bravo a parlarci del divario tra ricchi e poveri con mosse coincise e onnipresenti, le quali formano la colonna sonora dell’intero intreccio.

Questo circolo di ventenni in giacca, cravatta e golfino di cashmere si muove tra reale e fantastico, portando con sé sempre lo stesso bagaglio di irresponsabilità. Leigh Bardugo è attenta a mostrarci come dinamiche di predominio sociale e di violenza di classe avvengano tanto nella fantasia di un’autrice di fantasy quanto nella realtà di un dormitorio universitario. Cosa accade quando la classe dominante è quella dello scarico delle responsabilità? Cosa accade quando chi comanda (o chi crede di comandare) pone le conseguenze delle sue azioni così in basso da calpestarle? Che in gioco sia la vita di un individuo o quella dell’intero genere umano, la narrativa fantastica spesso funge bene come metafora.

 

Superare il velo della finzione

Nei grandi universi fantasy di Tolkien o di Lewis, siamo abituati a vedere mali immensi, spesso gestiti da esseri terribili, invadere le terre abitate dai buoni. Chi perpetra il male è un elemento di grande prestigio magico, con mire espansionistiche ed obbiettivi malvagi, ai quali non serve rispettare nient’altro se non la propria volontà. Togliete la magia, togliete anelli del potere e armate di orchi. Cosa resta? Una classe dominante che schiaccia una classe dominata. La nona casa elimina gran parte degli stupefacenti strumenti di potere dell’epic fantasy per darcene una visione molto più semplice e, quindi, molto più vicina alla reale condizione dei fatti. Dalla molestia sessuale alla pornografia non consensuale, dalla manipolazione all’omicidio: questi sono i soprusi che, ambienti in cui la parità non esiste, minacciano la collettività.

Cosa vuol dire, allora, leggere fantasy? Cosa vuol dire etichettare un testo? Forse tutto sta nel carpire la metafora che contiene. Sta nell’osservare l’elemento magico al di fuori del suo contesto narrativo e trasportarlo nel nostro, spogliarlo dell’incantesimo e guardarlo per ciò che rappresenta. Forse troveremo più di ciò che ci saremmo aspettati. Con La nona casa abbiamo, quindi, un autentica prova di letteratura dark academia, la quale recupera tanto gli elementi estetici quanto quelli psicologici e sociali.

Spero di avervi incuriositi con le mie parole a recuperare qualcosa di questa incredibile autrice; io aspetto con febbricitante hype il sequel, edito Mondadori. Avete letto La nona casa? Conoscevate questa autrice? Ci sono titoli nella vostra esperienza di lettori che vi hanno portati a sollevare il velo della finzione, che vi hanno invitati a guardare oltre e a tramutare in realtà la fantasia letteraria? Fatemelo sapere nei commenti e non dimenticate di iscrivervi alla newsletter per non perdere nessun contenuto!

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