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Lo schifo che ha visto Cassandra di Gwen Kirby

Lo schifo che ha visto Cassandra di Gwen Kirby

Lo schifo che ha visto Cassandra (Shit Cassandra Saw) è la raccolta di racconti di debutto di Gwen Kirby. Alcuni di questi racconti sono apparsi già in alcune riviste letterarie come “Tin House”, “Mississippi Review” e il “SmokeLong Quarterly”, e sono stati poi riuniti in questa raccolta. Il 28 marzo è stata pubblicata in Italia da Mondadori, che ringrazio per la copia. Ho avuto occasione di leggere Lo schifo che ha visto Cassandra in anteprima grazie a un altro review party organizzato da EvaLuna (@unalibraiaincorsia su ig). Andiamo subito a scoprire se questa antologia mi è piaciuta oppure no…

Lo schifo che ha visto Cassandra: la giusta dose di misandria e ironia femminista che rompe il silenzio sulle questioni di genere

I 21 racconti contenuti nella raccolta sono un mix perfetto tra situazioni reali, presenti e passate, e situazioni bizzarre dove l’elemento fantastico è edulcorato. Le protagoniste della Kirby sono donne che dicono la verità, predicono il futuro, chiedono di essere ascoltate, tradiscono, si rifiutano di scusarsi. Sono guerriere giapponesi e piratesse, regine celtiche reincarnate in giocatrici di baseball, mamme single e ragazze del Midwest. 

Non sono donne emarginate, non sono vittime, sono carnefici di un mondo che non è più a misura d’uomo e in cui non c’è più spazio per essere remissive, non c’è un momento per chinare la testa. C’è solo il tempo della rivalsa. La comicità scioccante e un po’ misandrica fa della risata un’esperienza condivisa, il filo conduttore che collega le esperienze di queste fantastiche protagoniste. 

Tra le righe, rimbomba il peso del silenzio che oggi, come allora, aleggia sulle discriminazioni di genere, sulle violenze perpetrate nei confronti delle donne in ogni ambito sociale. Nei suoi racconti Gwen Kirby rompe questo silenzio ed esorta le lettrici a scrivere se stesse nella storia, a rivedere le narrazioni patriarcali che le vogliono personaggi di contorno a cui non è concesso scrivere il proprio finale.

Lo schifo che ha visto Cassandra e non ha detto ai troiani perché alla fine possono andare a farsi fottere: i racconti

“Si dice che fu Apollo a donare a Cassandra il dono della preveggenza, ed è vero. Si dice che, quando lei rifiutò di concedersi, lui le sputò in bocca affinché nessuno le credesse, mai più.”

Lo schifo che ha visto Cassandra si apre proprio con la storia di Cassandra, sacerdotessa nel tempio di Apollo, figlia di Ecuba e re Priamo di Troia. Cassandra sta osservando due bambine del futuro. Una diventerà un’ingegnere, l’altra aprirà una pasticceria. Una di loro verrà stuprata dal proprio ragazzo, l’altra avrà tre figli, tutti maschi.

Cassandra sta osservando il futuro con gli occhi stanchi di chi non ne può più di enunciare profezie ai troiani che non le credono, che la reputano pazza e portatrice di sventura. La storia di Cassandra è una storia di violenza e voce perduta, una storia molto simile a quella di tante altre donne del passato e ad altrettante del presente.

“Una donna cammina per strada e un uomo le dice di sor- ridere. Quando sorride, rivela una bocca piena di zanne. Con un morso stacca la mano dell’uomo, trita le ossa e le sputa; per sbaglio manda giù la sua fede nuziale, che le re- sta sullo stomaco.” 

In un altro racconto una donna dotata di zanne stacca la mano a un uomo che le dice di sorridere, un’altra si sente sicura a girare da sola per le vie buie della città dopo che è stata graffiata da un licantropo, una ragazza è stata punta da uno scarafaggio radioattivo e con il suo sibilo ha ucciso un uomo che l’ha importunata davanti alla corsia dei surgelati del supermercato.

È il genere di situazioni sessiste che le donne vivono ogni giorno, facendosi strada in una società che è loro ostile. “Saresti più carina se sorridessi di più, avresti più possibilità di essere assunta se avessi un atteggiamento più remissivo, il catcalling non è una molestia sessuale…”

“Le vendite di antenne finte schizzano alle stelle. Gli uomini della città non si sentono al sicuro. Le donne della città giocano. Fanno il bagno e trattengono il respiro sott’acqua per mezz’ora, testando le capacità dei loro nuovi polmoni. Si sbronzano con la birra che i loro corpi di scarafaggio adorano e tornano a casa sotto le stelle, e quando vedono un uomo sibilano, quello scappa e loro ridono, ridono come matte. «E fattela una risata!» strillano, e quasi si sentono in colpa, perché due torti non fanno una ragione. Ma in effetti un torto più un torto più un torto più un torto più un torto fanno sentire meglio una donna-scarafaggio, la fanno sentire spericolata, libera.”

Nel racconto intitolato “Qui si tenne l’ultimo sermone”, uno dei miei preferiti, una donna tradisce il marito con un suo collega e, nonostante sappia che non finirà bene, non riesce a imporsi di sentirsi in colpa per essere stata infedele. Il fantasma di un pastore del diciottesimo secolo la perseguita chiamandola “puttana” ogni volta che fa la sua apparizione, specie se appare mentre lei è impegnata in un amplesso particolarmente intenso con il suo amante. Non si sente in colpa per il marito, che sente comunque di amare. Si sente in colpa per il fatto che ci sia voluto tanto tempo per capire di poter usare il suo corpo per provare desiderio e piacere, anche se l’ha scoperto con un uomo diverso da quello che insieme a lei porta la fede al dito. Il problema della donna è che anche l’amante diventa l’ennesimo uomo che si sente in diritto di poterla rimproverare, che si arroga il diritto di voler far diventare la loro relazione extraconiugale qualcosa di più, senza chiederle nemmeno se lei è disposta a lasciare il marito per lui. E anche il fantasma di George è l’ennesimo uomo che la guarda dall’alto in basso e la chiama “puttana”. 

«Devi proprio dire “scopare”?» chiede a volte Karl, e io rispondo: «Non è proprio il fatto che sia una scopata a renderla divertente?». Quando non ride alza gli occhi al cielo e distoglie lo sguardo come se avessi ferito i suoi sentimenti, e mi tocca impegnarmi per farlo sentire meglio, cosa che odio.  […] «Scusami» gli dico anche se non è vero e, prima che mi distragga con un bacio, mi domando perché corro tutti questi rischi solo per ritrovarmi con un’altra persona a cui dover chiedere scusa.” 

La preoccupazione più grande della donna è nei confronti della sua bambina, che non conosce l’esitazione, che si dimostra felice ed equilibrata. Ha paura che questo mondo la ferirà ancora più profondamente di quanto abbia ferito lei. In “Un proiettile uccide Nakano Takeko, Giappone, 1868“, Nakano Takeko, ferita a morte, chiede a sua sorella di decapitarla in modo che il suo corpo non venga preso dal nemico come trofeo.

In “Mary Read è un pirata che fa crossdressing, mari in tempesta, 1720“, Mary Read si unisce all’esercito britannico come uomo e viene messa in servizio su una nave pirata, dove ha amanti sia maschi che femmine. Dopo che la nave è stata catturata, Mary nota che è più facile essere un uomo sia nella vita che nella morte: gli uomini vengono impiccati e muoiono rapidamente, mentre Mary viene risparmiata a causa del bambino che cresce nella sua pancia solo per subire la morte al momento del parto.

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