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The Atlas six: al di là del genere fantasy

The Atlas six: al di là del genere fantasy

Altissime le aspettative quando mi sono inoltrata nelle pagine di The Atlas six, un romanzo fantasy che si presenta come il prossimo pilastro dell’atmosfera dark academia, arricchito dalle meravigliose illustrazioni di Little Chmura (ig @littlechmura). Olivie Blake, pseudonimo di Alexene Farol Follmuth, è un’autrice statuitense di best sellers per il New York Times e per il Sunday Times, che alla sua giovanissima età (classe 1990) ha già prodotto un ampio volano di romanzi che in breve tempo si sono guadagnati i loro spazi in prima linea nelle librerie interazionali. La sua saga più fortunata è quella di The Atlas six, composta da tre romanzi: The Atlas six, The Atlas paradox e un terzo di cui il titolo è ancora ignoto. Il primo volume è giunto in Italia nel marzo 2022, edito Sperling & Kupfer, mentre il secondo, appena messo in commercio in lingua inglese, arriverà presto da noi, ma la data ufficiale non è ancora stata annunciata.

The Atlas six è un libro fantasy?

Nell’attesa di divorare il secondo volume, diamo un’occhiata al primo libro della saga. Quando ho chiuso l’ultima pagina del nostro protagonista di oggi mi sono nate in mente due domande: The Atlas six è un libro fantasy? E se non lo è, allora cosa ho appena letto? Chi vive nelle etichette vive in una prigione che si è costruito da solo e nella catalogazione dei libri questa frase non potrebbe essere più veritiera. L’opera di Olivie Blake racchiude appieno il concetto di trasversalità, di annullamento del genere letterario per creare qualcosa di nuovo. Ma cosa, esattamente? Per inquadrare meglio la risposta a questa domanda, riassumiamone brevemente la trama.

Atlas Barkley, Custode, distinto uomo di mezz’età, inglese e vestito di tweed, è alla ricerca di sei iniziati. Sei persone dalle capacità straordinarie, che un giorno avranno la fortuna e l’onore di essere ammesse nel club del libro più esclusivo di sempre, nella cerchia intellettuale più elitaria e antica del mondo: la Società Alessandrina. Libby, Nico, Callum, Parisa, Tristan e Reina sono i prescelti. Ognuno ha un potere diverso che scorre nelle loro vene e vite piene di complicazioni che attendono solo di trovare una sorta di pace (o di tempesta). Fortissimi, fragilissimi, sconnessi e al contempo collegati da una forza misteriosa, i sei candidati di Atlas dovranno sfidarsi in una competizione dalle sfumature mistiche per guadagnarsi un posto nell’ambita Società, la quale permetterà loro di accedere a tutto il sapere umano e magico. Quel tipo di sapere che conferisce un potere smisurato, per cui si è disposti a vendere la propria anima al Diavolo. Eppure c’è una clausola scritta in piccolo, scarsamente importante, quasi trascurabile: loro sono sei, ma solo cinque avranno la possibilità di completare il percorso di iniziazione. Cosa succederà al sesto? Cosa saranno disposti a fare gli iniziati per raggiungere il potere della conoscenza?

Tra Faust e Macbeth

Questo romanzo lo potremmo definire facilmente di stampo marloweniano; la sensazione di avere un Faust perennemente osservatore sullo sfondo è forte. La sete della conoscenza spinge l’uomo a fare patti con l’oscurità: non importa quanto le corna siano rivestite di gioielli e quanto il caldo dell’Inferno sia contrastato dall’aria fredda di un condizionatore. La “fame”, questa parola che aleggia costantemente nel romanzo, è l’unico elemento che conta. L’unica caratteristica che permetterà ai nostri protagonisti di vincere il loro posto nel mondo o di essere sconfitti. Blake costruisce una spietata opera di drammaturgia, in cui gli attori e le attrici sono confinati in un mondo chiuso, pluridimensionale, ma pur sempre stretto e soffocante. È nella prestigiosa sede londinese della Società che Libby, Nico, Callum, Parisa, Tristan e Reina dovranno confrontarsi, convivere, amarsi e odiarsi, collaborare ed ostacolarsi a vicenda.

Abbiamo nominato il Faust di Marlowe e perché non nominare anche Shakespeare, a cui l’autrice si è certamente ispirata per la costruzione di un sistema di alleanze tra personaggi profondamente drammatici. La follia, la passionalità carnale, il calcolo millimetrico, l’incertezza e l’arrivismo: questi sono i termini di cui si compongono i figuranti in rappresentazione teatrale della brama. Eppure The Atlas six è venduto come un libro appartenente al genere fantasy. Sappiamo con assoluta certezza che il fantasy è uno dei generi con il maggior numero di sottocategorie. Di certo The Atlas six non ha nulla a che fare con Harry Potter, con Il Signore degli anelli o con Le cronache di Narnia, né tanto meno con i più recenti ACOTAR Tenebre e Ossa. In effetti, scarsissimi elementi di questo romanzo mi fanno pensare al genere fantastico. Siamo in un mondo in cui la magia esiste, i nostri protagonisti posseggono poteri magici e in generale tutto il sistema sociale è governato da equilibri di potere tra chi detiene la magia e chi non sa neppure cosa sia. Eppure la magia è un elemento secondario, uno sfondo, un pretesto utile a svelare il vero senso del libro.

Romanzo psicologico: il confine tra magia e trauma

Romanzo psicologico, lo definirei. Perché Olivie Blake desidera concentrarsi più sulla mente dei protagonisti che spinge in scena, sulle loro paure, sicurezze, desideri e rimpianti. La struttura del libro, sviluppato per cui in ogni capitolo leggiamo la storia dal punto di vista di un iniziato diverso, si adatta a questo suo desiderio. Spolpare le menti, le personalità, i sentimenti, i traumi nascosti; viaggiare nelle prospettive di vita e di morte; comporre una danza di sguardi e di respiri che porterà inevitabilmente a sancire la vittoria del più forte. Al centro di questo balletto classico c’è l’elemento che per eccellenza è capace di corrompere i cuori delle persone: il potere. Un potere invisibile e allo stesso tempo ben delineato. Il potere della conoscenza che viene dai libri. La Società Alessandrina non è altro che questo: la libreria più grande e fornita del mondo. Al suo interno il sapere di milioni di anni si è stratificato e ognuno dei protagonisti crede (spera) che all’interno di quell’archivio sconfinato troverà le risposte ai propri dubbi esistenziali.

La conoscenza diventa la risposta ad un trauma, da conquistare ad ogni costo in una perenne battaglia mentale, che non risparmia colpi a nessuno. Se un libro potesse darci tutte le risposte che necessitiamo avere per condurre una vita priva di demoni interiori, cosa faremmo per ottenerlo? Questa è la domanda su cui si concentra The Atlas six. Ma credo che nel secondo romanzo (sono pure speculazioni) la domanda verrà sostituita da un quesito diverso: e se le risposte non fossero effettivamente la cura? La razionalità della verità, l’illuminazione della scoperta, sono elementi fondamentali in ambito accademico, scientifico, matematico. Ma quando al centro della ricerca c’è l’animo umano, definizioni e paragrafi ricolmi di parole sono davvero utili? Con ansia aspetto di leggere come risponderà Olivie Blake a questo dubbio.

Molto più che un Dark Academia

The Atlas six è, quindi, un libro profondamente intimista e mentale. Se vi aspettate un worldbuilding preciso, dettagliato e modellato, vi consiglio di abbandonare queste aspettative. In The Atlas six tutto il contorno è sfumato ed è il piatto principale l’unica portata di cui è veramente interessante rimpinzarci. Se cercate un romanzo ricco di trama, di azione e di descrizione fisica, l’opera di Blake non fa al caso vostro, ma mai più di ora vi esorto di tentare nuovi orizzonti. Credo riuscirete a trovare qualcosa di interessante. 

The Atlas six mi è piaciuto e merita di essere consigliato, a mio parere, per la sua stratificata originalità. La narrativa psicologica, l’approfondimento dei personaggi a livello viscerale sono sicuramente elementi che non ha inventato Olivie Blake, ma è curioso osservare come un libro del genere, così martellante nella sua vuota struttura, così profondo nella sua scorrevolezza, sia riuscito a salire vertiginosamente nelle classifiche, arrivando ad essere uno dei romanzi più nominati sui social, specialmente Tik Tok e Instagram. The Atlas six non è assolutamente un libro superficiale e il suo punto di forza non è solo la tanto modaiola atmosfera dark academia: è un libro che ci parla e ci sa raccontare tanto della natura umana, con inserti di critica sociale, interrogativi morali e filosofia etica. Questo primo volume vuole essere un prologo della trama che, probabilmente, verrà esplorata nei successivi due. Gli ultimi capitoli lasciano il lettore con il fiato sospeso e pare che solo in quelle pagine finali avvenga il reale, sconvolgente, colpo di scena, il quale produrrà un effetto a catena che chissà dove porterà i nostri amati e odiati protagonisti. 

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