OPINIONISTA
Fiabe: due consigli letterari per riscoprirle

Fiabe: due consigli letterari per riscoprirle

I bambini appartenenti alla cultura occidentale sono cresciuti con le fiabe. Molti le avranno sentite raccontare dai propri genitori, tantissimi avranno visto le versioni proposte dalla Disney. Ma quelle arrivate fino a noi al giorno d’oggi sono solo delle riproposizioni, rivisitate in numerose occasioni, da numerosi autori. Attualmente si potrebbe pensare alle fiabe come a delle narrazioni propriamente per bambini, esplicative, semplici e con significati infantili. Ma le fiabe che noi conosciamo e che sono diventate parte della nostra infanzia, provengono da versioni decisamente più cupe, macabre, ricche di sconcezze e crudeltà esplicita, decisamente inadatte ad un pubblico infantile. In questo articolo parleremo delle fiabe attraverso una prospettiva diversa, proponendo due consigli di lettura perfetti per chi desidera approfondire l’argomento.

Le origini delle fiabe: da Basile a Disney

Le fiabe più famose sono chiaramente quelle che ci sono state riproposte attraverso i film di animazioni prodotti da Disney, arricchiti da archetipi quali graziose principesse e valorosi principi azzurri, animali parlanti, nemici spesso interpretati da cattive matrigne, “salvataggi”, colpi di fulmine e un finale appunto (perdonatemi) da fiaba, con un bel “e vissero per sempre felici e contenti” conclusivo. Pensiamo ad esempio alla fiaba de “La bella addormentata nel bosco”, “La bella e la bestia”, “Cenerentola”: non riusciremo a richiamare alla memoria praticamente nulla che avrebbe potuto scioccare dei dolci bambini. Ma se qualcuno avesse provato a narrare loro le versioni originali, le prime trascrizioni di Giambattista Basile o quelle dei fratelli Grimm, molte generazioni avrebbero acquisito diversi traumi. Il meno pericoloso potrebbe essere Charles Perrault, ma non mi azzarderei a sperimentare.

Basile, Perrault e F.lli Grimm: le prime trascrizioni delle fiabe

Le fiabe hanno origini molto antiche, sono state narrate oralmente per secoli e secoli, si pensi che la prima versione pervenuta della storia di Cenerentola risale all’anno 850 circa, in Cina. Le fiabe hanno fatto parte della tradizione orale per moltissimi anni e sono state trascritte per la prima volta da Giambattista Basile, a Napoli, nel 1634, in una raccolta chiamata “Lo cunto de li cunti”. Qualcuno magari ricorderà il film uscito nel 2015 “Il racconto dei racconti” con la sua aurea macabra e fiabesca, il film altro non è che una versione cinematografica di alcuni racconti dell’autore campano.

Altri autori si sono successivamente dedicati alla trascrizione delle fiabe: qualcuno ricorderà forse Charles Perrault, che nel 1697, in Francia, decide di optare per una versione proponibile ad un giovane pubblico, limando la sessualità esplicita e l’adulterio, le scene violente in cui sono presenti mutilazioni, cannibalismo, omicidi e tanto altro ancora, aspetti propri della versione di Basile, ed inserendo una morale per invitare i bambini ad una buona condotta. Anni dopo, nel 1812, in Germania, i fratelli Grimm invece creano un’ulteriore versione, più somigliante a quella dell’autore campano, con grandi quantità di scene violente, ma pur sempre rivolgendosi ai bambini.

Perché diverse versioni delle stesse fiabe?

È lecito chiedersi perché esistano versioni differenti della stessa storia. La prima motivazione è che probabilmente, essendo trascrizioni della tradizione orale, ogni autore ha deciso di optare per una versione vicina a quelle che ha avuto modo di sentire nella propria vita. Chiaramente sono storie che hanno viaggiato di bocca in bocca per secoli e, che sia stato per volontà o per dimenticanza o per fantasia, in diversi luoghi hanno raggiunto diverse forme. Secondariamente, i primi tre autori che si sono messi in gioco con queste trascrizioni, rivolgendosi a tipologie di pubblico differente. Basile indirizzava le sue fiabe principalmente ad un pubblico adulto, infatti le sue storie hanno protagonisti adulti che fanno cose da adulti, proponendo storie grottesche e irriverenti. Charles Perrault si rivolgeva all’aristocrazia ed ai bambini, aggiungendo una morale alle sue fiabe e divertendo il pubblico di corte. Jacob e Wilhelm Grimm scrivono anche loro per i bambini, ma limando decisamente meno le scene violente rispetto a Perrault, restano ancorati alla tradizione orale e al folklore, con il risultato di fiabe decisamente più cruente.

Oltre le fiabe: consigli di lettura per conoscerle da una prospettiva diversa

Ultimamente ci sono stati due testi che mi hanno permesso di approfondire le fiabe con cui sono cresciuta, permettendomi di osservarle da una prospettiva diversa e nutrendo la mia curiosità a riguardo. Che sia presentando due versioni a confronto di una stessa fiaba, o attraverso una comunicazione brillante ed ironica, entrambe le letture sono state interessanti e mi hanno permesso di scoprire i retroscena delle fiabe più amate.

L’altra metà delle fiabe: un gioiellino edito Abeditore

Parliamo di un libricino, un testo che, pur contando pochissime pagine, è davvero una chicca che merita di essere recuperata al più presto. Precedute da una brillante prefazione a cura di Antonella Castello, vengono proposte tre delle fiabe più famose nelle loro prime due versioni, quella di Giambattista Basile (sì, ancora lui, quello delle versioni sconce) e quella di Charles Perrault (il primo che disse “salvate i bambini!”). Le fiabe raccolte nel libro sono “La bella addormentata nel bosco”, “Cenerentola” e “Il gatto con gli stivali”. Conoscere le storie con cui siamo cresciuti e guardarle da un’ottica differente, con un occhio più “adulto”, per alcuni potrebbe essere spiacevole, per altri, invece, potrebbe rilevarsi un arricchimento. Abbiamo già parlato di quale sia il focus di queste prime versioni, ma leggerle è davvero affascinante. Se come me rimarrete colpiti, seppur un po’ spaventati, dalle fiabe che leggerete, sicuramente vi farà piacere recuperare il prossimo consiglio.

E alla fine muoiono: la sporca verità sulle fiabe di Lou Lubie

Decisamente uno dei libri più divertenti che abbia mai letto, ironico, irriverente. Si tratta di un saggio a fumetti in cui le fiabe vengono sviscerate e osservate da numerosi punti di vista. Ci vengono raccontate nelle loro versioni più cruente attraverso la penna di un’autrice brillante e attenta, che snocciola ogni aspetto attentamente, dalla nascita della prima fiaba alle fiabe moderne, dai contenuti razzisti alla censura, dalle teorie psicanalitiche alla presenza di contenuti religiosi. È una lettura ricca di curiosità e spunti di riflessione che indaga tanti degli espedienti narrativi tipici della fiaba attraverso una prospettiva moderna e accattivante. Quello che a me personalmente ha convinto di questo fumetto è proprio la voce narrante, i disegni e la presenza costante dell’autrice che prende in giro insieme a te le fiabe nelle loro diverse versioni, le sue reazioni che accompagnano la lettura. Ogni aspetto di cui si parla nel testo è accompagnato da una fiaba rappresentativa dell’argomento di discussione. Un modo divertente per scoprire le fiabe e apprezzarle nelle loro versioni più cupe e macabre, grazie ad un’autrice da recuperare assolutamente. Consiglio sia per gli appassionati al tema sia per chi è la prima volta che approfondisce le origini delle fiabe.

Perché approfondire le fiabe?

Le fiabe, giunte fino a noi in versioni edulcorate, adeguate dalla società moderna per far sì che potessero essere amate e apprezzate dai bambini, in origine non risparmiavano dettagli decisamente violenti e macabri. Dissezionarle, grazie alla lettura di “E alla fine muoiono” e de’ “L’altra metà delle fiabe”, permette di far emergere questioni e dibattiti etici interessanti. Pensiamo al razzismo, alla violenza, al sessismo, che seppur meno esplicito al giorno d’oggi, sembra comunque ancora presente in molte versioni moderne, riproponendo sempre gli stessi archetipi e stereotipi che forse, ad oggi, andrebbero nuovamente riscritti e rivalutati.

Gli autori passati alla storia sono coloro che hanno riscritto le fiabe cambiandone il medium, pensiamo a Basile che le ha trascritte in principio o a Walt Disney che le ha animate, o lo scopo. Successivamente, nella seconda metà del 1900, Bruno Bettelheim si è occupato di indagare i significati psicoanalitici delle fiabe, sviscerandole e individuando in esse uno strumento in grado di permettere la comprensione dell’inconscio. Per l’autore, le fiabe preparano inconsciamente i più piccoli ad affrontare il mondo.

Quanta potenza avrebbero, in tal caso, i messaggi contenuti all’interno delle fiabe? Quanto è importante valutare i contenuti che possono trasmettere? Le fiabe non possono essere definite solo semplici storie per bambini. Appartengono al patrimonio culturale e letterario occidentale, sono alla base dell’immaginario comune. È, ancora oggi, necessario leggerle, divulgarle e scoprirle.

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