OPINIONISTA
#SquiLibri: i disturbi di Winnie The Pooh, Peter Pan e PTSD

#SquiLibri: i disturbi di Winnie The Pooh, Peter Pan e PTSD

Finalmente online il quarto appuntamento di #SquiLibri, la rubrica dove si affronta la letteratura classica analizzando situazioni, autori, autrici e i loro personaggi con un’ottica psicanalitica, cercando di scovarne i disturbi che oggi verrebbero riconosciuti come patologia psichiatriche. Nello scorso articolo abbiamo affrontato varie sfumature della mente umana come: “La Bella e la Bestia” di Gabrielle-Suzanne Barbot de Villenueve, “Cime Tempestose” di Emily Bronte e “Delitto e castigo” di Fedor Dostoevskij. In questo articolo affronteremo altri dei casi letterari più famosi di sempre: “Winnie The Pooh” di A.A Milne e illustrata di E.H Sherpard, “Peter Pan” di James Matthew Barrie e “Tess dei D’Urberville” di Thomas Hardy.

Winnie The Pooh e la rappresentazione dei disturbi

L’opera di Milne è una delle più chiacchierate degli ultimi anni, soprattutto dopo l’analisi psicanalitica che le è stata perpetrata per via della evidente sovrapposizione di ogni personaggio a disturbi mentali riconosciuti. Come potevano, quindi, non parlarne in un episodio di #SquiLibri? I personaggi del romanzo sono calati nella loro quotidianità e rappresentati come giocosi e felici di condividere le proprie avventure con Christopher Robin. 

Per poter comprendere a pieno ogni personaggio dobbiamo considerare il loro comportamento predominante. Ad esempio: Pimpi ha sempre paura, Ih-Oh è triste, Tigro allegro e giocoso, Winnie è sbadato, e così via. Ma concentrarsi sulla condizione di ognuno sarebbe impossibile per un articolo del genere (vi terrei ancorati allo schermo per ore!), così ho deciso di trattare tre personaggi che hanno dei tratti singolari che nei precedenti articoli non abbiamo analizzato. Sotto la lente d’ingrandimento, per questo articolo, vi sono: Pimpi con il disturbo d’ansia generalizzato, Tigro con l’ADHD e Tappo co il disturbo ossessivo compulsivo (DOC).

Pimpi è uno dei migliori amici del nostro protagonista. Rappresentato come dolce e sensibile, il maialino in realtà nutre dei sentimenti contrastanti di apprensione immotivata e paura. Attraverso un’ottica psicologica e psichiatrica il personaggio di Pimpi rappresenta il disturbo d’ansia generalizzato. Tale patologia è ormai frequente nella maggior parte della popolazione, soprattutto a causa degli ultimi anni per via della pandemia. Prima di parlare di ansia, è necessario distinguere la paura dall’ansia. La paura è una risposta fisiologica a uno stimolo, l’ansia è una risposta a uno stimolo non sempre di natura fisiologica. Il disturbo d’ansia generalizzato fa parte di quei disturbi internalizzanti, dove la sintomatologia non è esternalizzata. Tale patologia è caratterizzata da sintomi fisici e sintomi psichici, i quali si suddividono in base alla loro presentazione. I sintomi fisici sono: brividi, tremore della voce, tensione, sudorazione, tachicardia, nausea, dolore addominale e secchezza della bocca. I sintomi cognitivi sono caratterizzati da: instabilità, paura di perdere il controllo, preoccupazione eccessiva, irrequietezza. Ovviamente, nella classificazione del DSM5, per poter diagnosticare tale disturbo, vi deve essere una compromissione della sfera sociale, lavorativa e personale del soggetto per almeno sei mesi. 

Tigro saltella qui e là nel bosco dei Cento Acri, il suo personaggio viene introdotto successivamente dall’autore ma ciò contribuisce a donare colore alla storia. La sua esuberanza è nota ormai a tutti, ma non sempre tollerata dagli altri personaggi, come da Tappo (il coniglio meticoloso e dedito al lavoro). L’iperattività e l’esuberanza che caratterizzano questo personaggio spingono l’ottica psicologica e psichiatrica verso la rappresentazione dell’ADHD. Tale patologia insorge nel periodo dello sviluppo, con età d’esordio intorno ai sette anni. La sindrome è stata descritta intorno al 1968 per la primissima volta e introdotta nel DSM2, per poi essere revisionata più volte. Tale patologia del neurosviluppo si caratterizza per: disattenzione, iperattività e impulsività. I sintomi che manifestano in questi bambini sono: difficoltà di concentrazione nei compiti che richiedono impegno cognitivo, non ascoltano l’interlocutore, sono eccessivamente eccitati e vivaci, parlano in continuazione, non rispettano i propri turni in diversi ambiti sociali (anche nelle conversazioni), manifestano una serie di difficoltà di apprendimento. Il soggetto con ADHD dimostra di avere un buon livello cognitivo e, in particolar modo, la manifestazione del soggetto differisce per tutta la durata della vita. Infatti, in età prescolare si manifesta principalmente l’iperattività, durante l’adolescenza si lascia spazio all’impulsività ed entrambe scompaiono nella vita adulta, sostituite dall’irrequietezza emotiva. L’iperattività che viene associata ai comportamenti di Tigro, che saltella qua e là e non è in grado di stare fermo un attimo, sorvolando sui discorsi che non gli interessano, spiegano la teoria che il personaggio soffra dell’ADHD. 

Eccoci arrivati a Tappo, l’ultimo personaggio analizzato, ma non per importanza! Nella versione inglese del romanzo il suo nome era un altro: infatti in origine il personaggio doveva chiamarsi Rabbit (Coniglio), ma con la trasposizione della Disney gli verrà conferito il nome con cui noi tutti lo conosciamo. Vive in un tronco di un albero e, intorno alla sua casa, vi è il suo amato orto. Il suo personaggio è molto singolare, a volte bisbetico a causa della precisione e cura che mette nel suo lavoro nell’orto e nella sua casa. È dedito alla pulizia, all’ordine e tende ad arrabbiarsi quando non riesce a rispettare i compiti impartiti. Il personaggio di Tappo è la rappresentazione del disturbo ossessivo compulsivo (DOC). Tale patologia, nella classificazione del DSM4, faceva parte dei disturbi d’ansia. Successivamente nella nuova versione del DSM5, la classificazione è stata modificata dedicandogli un capitolo a sè. La caratterizzazione di questo disturbo è particolareggiata e dettagliata. I sintomi principali del DOC sono: pensieri intrusivi che creano disagio ed ansia che possono essere alleviati dalle compulsioni (comportamenti disfunzionali). Questi fenomeni mentali sfuggono dal controllo della persona che ne soffre, provocandole ansia o altri sentimenti negativi. Spesso il soggetto si rende conto che tali pensieri sono disfunzionali, ma non sempre vi è questa fortuna poiché solitamente il paziente ha uno scarso insight (consapevolezza della malattia). Il contenuto dei pensieri varia da persona a persona, ad esempio alcuni hanno paura all’idea di perdere il controllo degli impulsi, altri si preoccupano in modo eccessivo dello sporco e dei germi (e in questo caso possiamo fare proprio riferimento a Tappo). 

I personaggi dell’opera “Winnie The Pooh” sono contornati dalla rappresentazione psicologica e psichiatrica, ma ho scelto solo loro tre per poter dare uno sguardo più attento a delle patologie che attualmente sono molto colpite dallo stigma sociale.

Peter Pan e la voglia di non crescere mai

La storia di Peter Pan e dei bambini sperduti è nota a tutti, nonostante vi siano delle differenze tra il romanzo e la trasposizione della Disney. Nel romanzo Peter Pan nei giardini di Kensington il piccolo protagonista vola via verso l’isola degli Uccelli, dove si ricevono le suppliche delle donne per diventare madri. Ma ovviamente la Disney ci ha fornito una versione più magica e sognante della vita del nostro Peter Pan e l’Isola che non c’è. Da bambina speravo che venisse proprio lui a salvarmi dalla routine che circondava la mia vita, quella cassetta ha ormai logoro il nastro per quante volte mi sia immersa nella sua visione. 

 

La vita del protagonista agli occhi di un bambino può sembrare semplicemente perfetta: niente regole, un’intera Isola ricca di avventure e soprattutto la compagnia dei Bimbi Sperduti. Ma Peter non cresce, non avrà un futuro e non diverrà un adulto con delle responsabilità. Il suo rifugiarsi all’Isola che non c’è diventa la sua espressione di rifiuto di crescere. Dalla condizione che vive il protagonista è stata ripresa una sindrome psichica denominata: la sindrome di Peter Pan. Il primo a discuterne fu lo psicologo Dan Kileyc nel suo libro “The Peter Pan syndrome: men who have never grown up” pubblicato nel 1983. 

Questa sindrome, scientificamente chiamata “neotenia psichica”, è una situazione psicologica in cui una persona adulta si rifiuta di crescere, di diventare adulta e prendersi le responsabilità che gli spettano. Il soggetto vede “il mondo degli adulti” ricco di regole e convenzioni che lo rendono ostile e si rifugia in comportamenti tipici dell’età dello sviluppo. Ovviamente è da considerare che rispetto agli altri disturbi di cui abbiamo precedente parlato tale sindrome non è presente nel DSM5, per questo motivo non vi sono dei criteri diagnostici utili a cui fare riferimento. I professionisti però riscontrano in persone che ne sono affette determinati comportamenti, come:

• Non accettazione delle responsabilità
• Incapacità di mantenere relazioni stabili in amore
• Rifiuto di lavorare costantemente
• Egocentrismo
• Tratti narcisistici
• Negazione della sofferenza e dell’ingiustizia
• Irresponsabilità
• Comportamenti tipici dell’infanzia
• Eccessivo idealismo

Si è spesso evidenziato che queste persone presentano altri disturbi, quali: disturbi d’ansia, disturbi del tono dell’umore e disturbi psicosomatici. Sotto un’ottica psicoanalitica, lo studio di questo disturbo è uscito allo scoperto grazie a Marie-Louise Von Franz, che teorizzò l’uomo come un eterno fanciullino nel suo libro “L’eterno fanciullo, l’archetipo del Puer aeternus”. Il puer (bambino) è considerato un archetipo, un’immagine inconscia dell’umanità che si ritrova in ogni cultura e periodo. Non si devono contrastare quei lati infantili che permettono di esprimere creatività, energia e immaginazione. Il problema psichico però nasce quando gli atteggiamenti infantili escono dai naturali confini e la dimensione ludica diviene fine a sé stessa impedendo così l’evoluzione personale e la prigione della Sindrome di Peter Pan. Tale sindrome si può abbattere investendosi dell’indipendenza e delle responsabilità sociali. Per compiere questo viaggio verso l’autonomia bisogna incontrare la propria Ombra, l’archetipo dedito al contenimento di pensieri e/o sentimenti che ci portiamo dentro ma che non conosciamo. Solo così potrà nascere l’accettazione del dolore, della sofferenza e dell’abbandono durante la vita e la crescita. Il soggetto così riesce a rimettersi in piedi nel “mondo degli adulti”. Così come nel film “Hook”, dove Robin Williams interpreta Peter Pan, immaginate se in un’altra realtà lo stesso Peter non sia rimasto bambino e sia finalmente divenuto adulto.

Tess e il PTSD (disturbo post traumatico da stress)

Il romanzo “Tess dei D’Urberville” è un classico che lascia l’amaro in bocca, che senza mezzi termini ci pone di fronte delle situazioni socialmente inaccettabili (non solo all’epoca ma anche nell’odierno). La psicologia di Tess è complessa e particolareggiata, quasi da ricondurla ad un’eroina. Vittima di un sistema molto più grande di lei, la sua dolcezza e coraggio non verranno scalfiti nonostante i momenti di debolezza. La famiglia disfunzionale in cui vive non la mette in guardia sui pericoli che la sua persona può incorrere. Senza fare troppi giri di parole, illecitamente le verrà strappata via la sua purezza. In una società dove la virtù di una donna sembra essere l’essenziale, Tess, di soli dodici anni, dovrà crescere in fretta e vivere con questa macchia indelebile nel suo animo.

Parlare di violenza sessuale in un romanzo dell’epoca è un elemento molto delicato e anticonvenzionale, ma bisogna tener in considerazione che non si allontanava dalla realtà del periodo. Ciò che la violenza lascia nell’animo di Tess è un trauma. Ad oggi questo è un argomento ancora molto dibattuto e controverso per via delle molteplici sfaccettature e presentazioni. Non esiste un modello cardine di rappresentazione del trauma, ma esiste invece una conseguenza a lungo termine ovvero: il disturbo post traumatico da stress (PTSD). 

La violenza sessuale lascia delle ferite indelebili nell’individuo, in particolar modo se avviene durante l’infanzia o adolescenza. La manifestazione clinica del PTSD durante l’infanzia è sovrapponibile alla sintomatologia che presentano gli adulti, con l’unica accezione che spesso i bambini/adolescenti non presentano l’insight (consapevolezza del disturbo) poiché il cervello non è ancora formato anatomicamente attraverso determinate connessioni neurali. Il disturbo post traumatico da stress si presenta quando la persona è esposta a morte o violenza sessuale o qualsiasi evento che possa intaccare l’incolumità del soggetto. Il bambino/adolescente presenta instabilità emotiva con scoppi d’ira o rabbia, sintomi di intrusione quali sogni/flashback/ricordi dell’evento traumatico, evitamento delle situazioni che ricordano l’evento traumatico, alterazioni dell’eccitazione o reattività e sintomi dissociativi. La forma più grave nei bambini e adolescenti si ripresenta con flashback che vanno ad intaccare la quotidianità del soggetto. Solitamente il flashback compare quando vi è l’oggetto traumatico o le condizioni trigger a cui si può ricondurre. Non vi sono delle linee guida per poter evidenziare bambini con violenze o che vivono il PTSD, ma vi sono delle linee guida di prevenzione.

#SquiLibri: una rubrica su letteratura e psicologia

Quelli di Winne the Pooh, Peter Pan e Tess dei D’Urberville sono solo alcuni dei casi della letteratura con evidenze sia psichiatriche che psicologiche. Ma la letteratura classica e moderna ne nascondono centinaia. La rubrica #SquiLibri cerca di indagare i più interessanti, le malattie che hanno afflitto scrittori/scrittrici e, a volte, di conseguenza, anche i loro personaggi. Si tratta di profili talmente cupi e affascinanti da lasciarci senza fiato! Vi consiglio di iscrivervi alla nostra Newsletter per non perdere nessun aggiornamento e di seguirci anche su Instagram per contenuti extra e piccoli focus sul tema. La nostra indagine sui classici finisce qui, con questa ultima puntata. Ma #SquiLibri di certo non si fermerà: l’indagine continua con la letteratura contemporanea, anch’essa piena di elementi interessanti da analizzare. Di quali romanzi o autori vi piacerebbe sentir parlare nella prossima puntata di #SquiLibri? Faccelo sapere in un commento!

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