CÖR. Gli amori di Villa Artemisia, la recensione
Pubblicato a settembre 2024 da Affiori, marchio editoriale di Giulio Perrone Editore, CÖR. Gli amori di Villa Artemisia è un romanzo di “delicata metamorfosi”, per usare un’espressione dell’autrice, Martina Michelotti. Nel corso di un’estate, infatti, la diciassettenne piacentina Rosa vedrà cambiarsi e cambierà il modo in cui si vede; tutto mentre la sua famiglia sfaldata finisce di rompersi e lo spettro della vita adulta ingrigisce i tramonti.
Rosa finisce il quarto anno delle superiori con un 4 in matematica e la consapevolezza assillante della propria indefinitezza. C’è l’esame di recupero a settembre, e dopo? Cosa studiare all’università? Cosa diventare “da grande”? Non vuole pensarci. Per il momento, l’estate è cominciata nello stesso modo da dieci anni a questa parte, con la messa per la morte di Ismaele, il fratello maggiore che il Trebbia le ha tolto (“Si chiamerebbe la Trebbia, ma per tutti è sempre stato il Trebbia, un fiume maschio, perché ogni tanto uccide”). Di lui Rosa conserva un’impressione benevola, una macchia luminosa, come di una vecchia polaroid uscita male.
Quel 21 giugno si rivela diverso da tutti gli altri. Prima c’è la visione della donna sull’Alfa Spider rossa, poi la crepa nell’oblio granitico in cui viveva la sua famiglia e che ora ha assunto i contorni frastagliati del sorriso spezzato di Nikita, conte Malaspina. Dice di essere amico di Ismaele, ma di lui nessuno si ricorda tranne la nonna con l’Alzheimer. La donna della Spider, invece, è Iside, colei che risveglia Villa Artemisia… e Rosa.
«Ma allora, chi è?».
«Iside Maroaldi».
Glielo svela malvolentieri, quel segreto che è appena entrato in lei e deve far uscire come se non gliene importasse niente. Non vuole che Geremia pensi di avere una chance, con lei. E difatti, non l’avrebbe. “E tu allora?”. Lei cosa? Esamina quell’attanagliante sensazione che ha dentro, e anche se ha tanti nodi, spine, angoli e parti morbide – quel calore, la sensazione di voler essere come quella donna e di quella donna – la interpreta in un solo modo: vuole essere la prima a conoscerla, che nessun altro abbia una possibilità con lei.
CÖR. Gli amori di Villa Artemisia, Martina Michelotti
Rosa, Nikita, Ismaele, ma anche Geremia, suo fratello, i loro genitori, Nereo, il giardiniere della Villa, e Vera, la nuova cameriera: in CÖR nessuno sfugge dalla rete di relazioni intessuta da Michelotti. Centro nevralgico di tutto, lo dice il sottotitolo, è Villa Artemisia. Il giardino e le stanze da favola della villa fanno da sfondo a legami che si intrecciano, si sfibrano e si ricuciono.
Disegnarsi un’identità
Quando è nuda sente che il corpo ha un potere del tutto inespresso ma ingovernabile. Tutto il suo essere, dalla superficie della pelle alla mente affollata, fino alla punta dei piedi, desidera una metà combaciante per sprigionarsi. È come la vecchia Singer di nonna Iris, senza filo e senza mani abili che la governino: non basta più a sé stessa.
CÖR. Gli amori di Villa Artemisia, Martina Michelotti
Rosa cammina sul precipizio dei diciassette anni e ha paura di cadere, di compiere (ed essere) la scelta sbagliata. Si sente materia informe che smania di essere modellata dalle giuste mani. Forse è per questo che le piace la pasticceria, perché prende, unisce, combina, trasforma. I libri e la scrittura servono allo stesso scopo. Si scruta all’interno, cerca la chiave con cui decifrare se stessa e la sua attrazione per Iside.
Allo stesso tempo, però, assumere una forma definitiva, rinchiudersi in un contorno preciso la spaventa. Su di lei pende il fatidico “Da grande, chi vuole essere?”, quando Rosa vorrebbe solo scansarsi e vivere come un essere in divenire. Figlia e sorella e pasticcera e scrittrice e amica e amante: oscillare da un ruolo all’altro senza mai posarsi. CÖR è queer anche in questo.
In questo siamo come lui, Geremia. Lo siamo tutti noi tre, io più di tutti. Desideriamo di più, anche se non sappiamo cosa. Desideriamo diventare.
CÖR. Gli amori di Villa Artemisia, Martina Michelotti
Il Cör che batte, il Cör che fa male
Più si immagina da adulta, più la sua immagine le appare sfocata come le sciadografie della collezione di zio Will che Iside le aveva mostrato. Vorrebbe dirle tutto, lei potrebbe aiutarla a sistemare i pezzi di puzzle che la pungono dall’interno e comporre il collage dadaista che forse è la sua identità da costruire. Ma dovrebbe partire proprio da lì, l’amore che prova per lei, e non può.
CÖR. Gli amori di Villa Artemisia, Martina Michelotti
Come una vera manic pixie dream girl, nel momento in cui si insedia a Villa Artemisia, Iside mette sotto sopra il mondo di Rosa. Donna senza radici, desiderosa di appartenere ma impossibile da trattenere, è l’enigma che Rosa non sapeva di voler risolvere, la persona che per la prima volta nella sua vita le fa perdere la testa e il sonno. Il suo amore per Iside le fa vivere un’ubriacatura costante e le dà rabbia dover contenderselo con i suoi amanti occasionali e Nereo, soprattutto Nereo. Il giardiniere dagli occhi blu finisce per prendersi cura non solo della Villa, ma anche di Iside e Rosa. Lo fa in silenzio, in maniera disinteressata e da lontano. Nella mente di Rosa, è Nereo l’àncora che potrebbe mantenere a terra Iside, e per questo lo detesta. Ma le cose sono più complicate di così, e intanto il Cör le fa male.
Anche a lei, in quel momento, davanti a Iside, fa male il cuore. Anzi, non il cuore, il cör. È la stessa parola, ma detta in dialetto prende un significato diverso. Non è il cuore pulsante di vita che si ha in petto, o il cuore stilizzato sugli inviti, nelle emoticon dei messaggi inviati di routine.
No, il cör è quello delle cose non dette, dei doveri, delle fatiche originarie, della pietra e della terra, della guerra, delle rughe degli anziani che a poco a poco scompaiono portandosi via una fetta storie che non verranno più raccontate, è l’altra faccia del cuore, quella più indocile, vulnerabile, è la compassione, la resistenza. È dove sta l’amùr.
CÖR. Gli amori di Villa Artemisia, Martina Michelotti
Il triangolo tra Rosa, Iside e Nero non è l’unica forma di amore in CÖR. Michelotti gioca con le geometrie delle relazioni — famigliari, amorose, amicali — per mostrarne la fluidità di fondo. Non prendono mai una conformazione stabile, non hanno tempo di stabilizzarsi in una forma che subito riprende il processo di rottura e saldatura. Che Rosa lo voglia o no, questo tocca anche quei legami che dà per immutabili e inscalfibili e modifica la sua percezione di chi le sta intorno. Mentre appare evidente che non si conosce mai davvero qualcuno, anche se abitate sotto lo stesso tetto, l’amùr, quello sì, rimane.
CÖR, un romanzo di formazione queer tutto italiano
Con le temperature in calo, CÖR. Gli amori di Villa Artemisia mi ha riportata alla calura estiva, quella che ti lascia un piacevole velo di sudore addosso. Dotata di una scrittura impressionista, Michelotti ha saputo ritrarre quel periodo sfuggente e pieno di paura e piacere e meraviglia che è la tarda adolescenza, sopratutto per una persona queer. Vale la pena leggerlo anche solo per questo.